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Santa Lucia del Mela comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Città metropolitana | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Matteo Sciotto (lista civica Cambiamenti) dal 10-6-2018 |
Territorio | |
Coordinate | 38°08′36.46″N 15°16′50.41″E |
Altitudine | 215 m s.l.m. |
Superficie | 85,68[1] km² |
Abitanti | 4 378[2] (31-12-2024) |
Densità | 51,1 ab./km² |
Frazioni | San Giovanni (Pancaldo) |
Comuni confinanti | nord:San Filippo del Mela, Pace del Mela ovest:Castroreale, Barcellona Pozzo di Gotto, Merì est:Gualtieri Sicaminò, San Pier Niceto sud:Casalvecchio Siculo, Fiumedinisi, Furci Siculo, Mandanici, Pagliara |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 98046 |
Prefisso | 090 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 083086 |
Cod. catastale | I220 |
Targa | ME |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[3] |
Cl. climatica | zona C, 994 GG[4] |
Nome abitanti | Luciesi o (Santa Lucioti in siciliano) |
Patrono | santa Lucia |
Giorno festivo | 13 dicembre |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
Santa Lucia del Mela è un comune italiano di 4 378 abitanti[2] della città metropolitana di Messina, situato nella Valle del Mela in Sicilia.
Il territorio comunale con i suoi 8200 ettari[5] è uno dei più estesi della provincia e presenta una ricca varietà di paesaggi. Dalle più alte vette dei monti Peloritani, si offre la visione dei versanti tirrenico ed ionico. Luoghi selvaggi ed ancora incontaminati presentano una ricca varietà di flora, querce millenarie, boschi autoctoni. Risalendo il Mela e le sue limpide acque perenni, si arriva alla felce gigante preistorica (Woodwardia radicans), che vi vegeta da almeno 60 milioni di anni. La fauna è assai varia: sono presenti ghiri, merli, corvi, falchi, istrici, lepri, ricci, il gatto selvatico e la martora. In località: Postoleone (1020 m) dove da anni è in atto un'opera di forestazione, trovasi un accogliente rifugio per i forestali ed un suggestivo laghetto, meta di escursionisti e campeggiatori che, previa autorizzazione, numerosi accorrono anche dal versante ionico, tramite la Dorsale peloritana, antico percorso di comunicazione terrestre la cui direttrice di marcia era nota in passato come la strada militare. Interessanti percorsi montani a piedi o a cavallo si possono fare ad esempio anche alle sorgenti del Mela o alla Rocca Timogna (1127 m).
Le origini di S. Lucia del Mela, l'antica Mankarru, si perdono nella notte dei tempi, con i Sicani e poi con i Siculi. Reperti greci (Padre Parisi ubica sulla sponda sinistra del Floripotamo il tempio di Diana Facellina) e due tombe romane del II secolo a.C.[6] attestano la presenza in questi luoghi di insediamenti sicelioti e romani. Nella galleria delle carte geografiche in Vaticano, Padre Ignazio Danti, nella parte classica dipinta a rilievo, con l'italiano del tempo (1581) chiama questa città “Santa Locia”. La storica vetta del Mankarru o Mankarruna, grazie alla posizione strategica, è stata un importante presidio militare per tutte le dominazioni che si sono succedute. Sui resti di una cinta muraria ellenica in Epoca bizantina venne eretto un fortilizio, ricostruito poi tra l'837 e l'851, ai tempi dell'Emirato Islamico di Sicilia. Sul declivio del colle, durante l'Epoca islamica, venne costruita anche una moschea fortezza, trasformata poi nell'alto Medioevo nella Chiesa di S. Nicola. Nella zona esisteva, come ricorda il nome di una via, un Lavacro dei Saraceni, lavatoio pubblico riservato alle donne musulmane ed una tomba con l'iscrizione araba andata perduta.
Con la nascita del Regno di Sicilia, il Gran Conte Ruggero I, per adempiere al voto, dopo la vittoria sugli arabi, fece costruire una chiesa ai piedi del castello dedicandola alla Santa Martire Lucia di cui era devoto (1094). Da quella data l'arcaico nome Mankarru scompare per far posto a quello cristiano di Santa Lucia. Nel 1206, con l'istituzione della prelatura nullius da parte di re Federico II di Sicilia che aveva scelto il nostro sito come luogo di svago e di riposo, il tempio ruggeriano diviene Cattedrale. Da allora ben 67 Prelati si sono succeduti sulla cattedra luciese rendendo memorabile la città che si è via via arricchita di magnifiche chiese e di numerose opere d'arte. Fatto ancor più singolare, il Prelato di Santa Lucia era insignito dell'onore di svolgere le mansioni di cappellano Maggiore del Regno di Sicilia e come tale aveva il diritto di sedere nel Parlamento siciliano all'11 posto. Re Federico III di Sicilia fece fortificare la città munendola di cinta muraria e ristrutturando il vetusto castello; Con un proclama invitò la popolazione della Piana, soggetta a ricorrenti scorrerie piratesche, a stabilirsi a S. Lucia, che venne anche ripopolata con una colonia lombarda. Fu anche sede di un'importante Giudecca, una numerosa comunità ebraica individuata nell'attuale zona della Candelora fino al 1492, anno della loro espulsione dal Regno di Sicilia. Fiorente è stata l'industria della seta e l'attività mineraria dovuta allo sfruttamento di galena argentifera. La città, in quanto demaniale, poteva vantare molte famiglie nobili. Magnifiche chiese, palazzi, fontane avanzi di architettura medievale e rinascimentale fanno di Santa Lucia del Mela una città, meta d'obbligo per gli amanti del turismo culturale.
La città si cominciò a chiamare "del Mela" solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Fu infatti nella seduta consiliare del 29 novembre 1862, che gli amministratori luciesi deliberarono che la città anziché denominarsi col tradizionale "de Plano Milatii" (della piana di Milazzo), assumesse il titolo distintivo del Mela, dal fiume che le scorre accanto, sul fianco sinistro. Il nome originario di questo fiume era Melas, e secondo Tommaso Fazello, anche Milazzo (Mylas) prese il nome da esso. La vecchia denominazione de Plano Milatii, rimontava probabilmente all'XI secolo, quando il Gran Conte Ruggero I, dopo un trentennio di guerra sanguinosa, riuscì a costituire il primo embrione del Regno di Sicilia dopo la rovinosa fine dell'Emirato di Sicilia. Ma prima della nascita del Regno di Sicilia, al tempo degli Arabi e nel periodo bizantino, qual era il nome originario della città? Si deve al dotto monsignor Alfonso Airoldi, se si conosce la sua antica denominazione. Egli fu per quattordici anni, e cioè dal 1803 al 1817, prelato ordinario della Prelatura locale e trattando dell'invasione musulmana del IX secolo nelle contrade luciesi, fa sapere che il nome Mangarruna (di cui Mankarru non è che la forma sincopata) era un tempo attribuito non al colle, come al presente, ma al sottostante centro abitato. Rileggendo infatti le annotazioni dell'Airoldi al codice diplomatico arabo-siculo, si trova questa sua esplicita e chiara affermazione: <Mankarru, questo villaggio, era in quel luogo dove oggi è Santa Lucia. Il vicino monte ritiene tuttora il nome di Mankarru. Sotto gli Svevi fu destinato per sua villa dall'imperatore Federico II>. Perciò non si può dubitare che Mankarru fosse il primitivo nome della cittadina.
L'epoca dell'irruzione araba nelle contrade luciesi e quindi della conseguente erezione del famoso castello, la si può arguire direttamente dai cronisti arabi, quali principalmente Al Bayan, Al Atir, An Nunvary e altri storici del tempo, assai ben conosciuti da monsignor Airoldi, prelato di S. Lucia. Al Bayan riferisce che Al Aglab Ibrahim, il quale presiedeva da Palermo al governo dell'isola, nel 222 dell'Egira (836-837 dell'era cristiana) compì due spedizioni, in una delle quali (quella capitanata da Al Fadl Yaqub) espugnò le piccole isole (le Eolie) e la fortezza di M.D. Nar (Tindari). Ibn Al Atir riporta tale vittorioso avvenimento dell'espugnazione e della susseguita distruzione di Tindari al periodo estivo del 222, quando anche la resa di Mankarru (l'odierna S. Lucia) dovette avere luogo. Basandosi su tali indicazioni e su altre personali indagini da lui compiute, può con tutta sicurezza affermare: “presa Tindari nel mese di luglio, l'esercito, rinforzato da 6.400 uomini e da altri mille mandati da Sciacca, in tutto 15.000 uomini, si pose in marcia per l'entroterra assoggettando città e castelli”. E poi, sempre in piena sintonia con i predetti cronisti arabi, continua a dire: “In settembre l'esercito si partì da Tindari, alla volta di Mankarru, T. Sah Otisarah (Randazzo), Taormina, Novara, ripassando nel tornare, per Mankarru”. Se l'accennata irruzione a Mankarru ebbe luogo nell'anno dell'Egira 222, cioè nell'837 dell'era cristiana, è del tutto logico pensare che la costruzione del castello sia avvenuta dopo tale data.
Della bicentenaria permanenza musulmana ci resta a S. Lucia (oltre l'imponente mole del castello) una misteriosa testimonianza, indicata dalla targa stradale “via o vico Lavacro dei Saraceni”, che si legge nella parte più tipicamente medievale dell'abitato. In tale Lavacro dei Saraceni, il Di Giovanni – alludendo a un massiccio edificio antico esistente tuttora in un vicino giardinetto, sotto la curva stradale, poco al di sotto del sito di detta targa – più che un bagno riconosce una tomba: “… e a me è parso – egli scrive – l'avanzo di una tomba musulmana, quadrata con cupola sopra, al muro della quale era un lapide marmorea con iscrizione, che, o fu distrutta per ignoranza ovvero rubata, restando visibile il posto dov'era murata internamente”. Monsignor Salvatore Cambria – che fu a S. Lucia ispettore onorario ai monumenti – precisa ancor più: “ Nel 1931 notai che la costruzione, a pianta quadrata, a muri dello spessore di oltre un metro in conci tufacei squadrati, come si rileva là dove l'intonaco – per adibire l'ambiente a costerna – è cascato. Il lato rivolto a est ha una finestra a tutto sesto, attraverso la quale si può osservare l'interno; termina con una cornice sagomata al di sopra della quale si nota il luogo dov'era incastonata la lapide”. “È una costruzione di forma quadrata – ripete lo storico luciese Carmelo Maggio – nella valle, a piè del quartiere già occupato dagli Arabi nel IX secolo. Due arcate di travertino, l'una rivolta a nord e l'altra a oriente, servivano di luce e di accesso al tempio” . Come si vede, si tratta di un edificio assai antico e di non poca importanza archeologica – dato che esso – solo in tempo posteriore trasformato a cisterna – è abbastanza staccato dal groviglio delle viuzze, ove è posta la predetta targa stradale, dovrebbe trattarsi – come sostiene padre Giovanni Parisi – non di una ma di due distinte memorie saracene: quella di una tomba sepolcrale o cimiteriale, e quella del Lavacro vero e proprio dentro l'abitato, indicato ancora dalla targa. Il quale Lavacro non dovette essere propriamente una piscina o vasca per bagno, come potrebbe supporsi, ma piuttosto un comune lavatoio, riservato – secondi i rigidi regolamenti in vigore durante la dominazione – alle donne saracene. Il Casale di Santa Lucia – data la sua non poca importanza del castello e l'amenità e feracità delle sue campagne – avrà dovuto ospitare una cospicua colonia di gente musulmana, e quindi avrà dovuto avere anche in Mankarru, un proprio ghetto o “rabato”, come veniva allora chiamato il quartiere delle loro abitazioni, un proprio luogo di culto o moschea (sul sito dove sorge la chiesa di San Nicola), un proprio cimitero (nel sopracitato giardinetto, negli anni sessanta degli scavi hanno riportato alla luce delle ossa umane) e, naturalmente, un lavatoio riservato alle proprie donne.
La più antica notizia riguardante la locale chiesa si riscontra in due diplomi del conte Ruggero dell'anno 1094: “Ecclesiam Sanctae Luciae sitam in campania Milatii”. In un documento datato sempre 1094, Roberto, primo vescovo di Messina, nomina per prima, tra le chiese riedificate dal conte Ruggero, quella di Santa Lucia. Anche il re Ruggero, in un suo diploma del 1124, nomina subito dopo la chiesa di Patti quella di Santa Lucia. Nel 1132, il re Ruggero II, nel palazzo reale di Palermo, fondava una grandiosa e monumentale Cappella che affidava a un cappellano maggiore, il quale venne insignito di una propria sede nel 1206, essendo Stato preposto alla chiesa di S. Lucia de Plano Milatii[7]. Proprio in quell'anno, essendo morto Stefano, vescovo di Patti e Lipari, l'imperatore Federico II (o chi per lui, essendo ancora in minore età) staccò il territorio di S. Lucia dalla diocesi di Patti e lo cedette al suo cappellano maggiore Gregorio Mostaccio (di chiare origini luciesi), che risulta in tal modo il primo prelato della più antica prelatura “nullius” (cioè, di nessuna diocesi), come risulta anche dall'Annuario pontificio. Questa prelatura, territorialmente piccola, è da considerarsi grande per il patrimonio storico, artistico, culturale che rappresenta e luogo privilegiato di fede. Basti ricordare il beato Antonio Franco che ha tracciato una scia luminosa per esempio di virtù e santità. Non a caso papa Giovanni XXIII nella bolla di nomina di mons. Francesco Tortora (64º prelato), che resse la Prelatura dal 1962 al 1972, dichiarava: “La Prelatura di S. Lucia del Mela è stata resa nota e illustre dalla sua storia, dalla bellezza delle sue chiese e dalla sentita pietà dei suoi abitanti, ravvivata dallo zelo dei suoi presuli”. In seguito al riordino delle Circoscrizioni ecclesiastiche, con decreto della Santa Sede, nell'ottobre del 1986, la prelatura di Santa Lucia del Mela e la Diocesi di Lipari venivano unite all'arcidiocesi di Messina, che assumeva la nuova denominazione di Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. La Cattedrale luciese e quella di Lipari diventano concattedrali, e i rispettivi santi patroni Lucia e Bartolomeo patroni dell'Arcidiocesi.
Il simbolo di regio patronato, è l'aquila reale.
Nello statuto del Comune all'art. 9[5] sono riportate le descrizioni araldiche dello stemma e del gonfalone.
Lo stemma ed il gonfalone del Comune di Santa Lucia del Mela sono quelli storici, così descritti:
Il gonfalone è un drappo di bianco ornato di ricami d'oro.
La popolazione di Santa Lucia del Mela è andata sempre più diminuendo. Contava 7.345 abitanti nel 1936, oggi[non chiaro] ne conta 4.453.
Abitanti censiti[12]
Secondo le statistiche ISTAT al 1 gennaio 2021, la popolazione straniera residente nel comune era di 115 persone. La nazionalità maggiormente rappresentata era quella rumena con 39 cittadini residenti[13].
Particolarmente sentite sono le ricorrenze legate alla Madonna della Neve (5 agosto), considerata la più antica del paese, e alla patrona Santa Lucia (13 dicembre),e al Beato Antonio Franco (2 settembre) Presbitero, Abate, Cappellano Maggiore e 36°Prelato della Prelatura Nullius Di Santa Lucia Del Mela
Nonostante il colpo infertole nei secoli XII e XIII con l'esodo dei lavoratori arabi e, dopo il 1492, anche di quello degli ebrei, nel comune era fiorente l'industria della tessitura della seta, come testimoniano le poche filande. Dopo il declino di queste, continuò l'allevamento del baco da seta, il cui bozzolo, grezzo o filato, veniva largamente esportato in tutta Europa. Erano presenti 10 mulini che azionavano una cartiera, di cui sono ancora visibili i ruderi in contrada “Cartiera”. Furono anche presenti, le lavorazioni metallurgiche e l’attività mineraria dovuta allo sfruttamento di una galena argentifera.
L'economia del paese si basa sull'agricoltura, sulla pastorizia e sull'artigianato. Santa Lucia del Mela è luogo di produzione del vino “Mamertino”, incluso tra i vini a indicazione geografica tipica di Sicilia, già conosciuto ai tempi dei romani.
Il comune fa parte dal 2005 dell'associazione "Strada del vino della provincia di Messina"[14] per la promozione, la tutela dei territori a vocazione vinicola e la valorizzazione delle attrattive naturalistiche, culturali e storiche.
Nel comune si produce miele e formaggio Maiorchino, prodotto con latte di pecora intero, rientrante nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT).
L'artigianato si basa sulla lavorazione del legno ed una consolidata tradizione nella lavorazione del ferro e del marmo.
Ancora non è del tutto scomparsa a S. Lucia l'arte della lavorazione dell'erica sicché non è difficile trovare utensili vari finemente intagliati.
Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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settembre 1943 | Gennaio 1944 | Giuseppe Cuzzaniti | Sindaco | [15] | |
Gennaio 1944 | 1945 | Antonino Marchese | Sindaco | [15] | |
1945 | 1946 | Commissari Prefettizi | Comm. Prefettizi | [15] | |
1946 | 24 marzo 1947 | Francesco Bavastrelli | Sindaco | [15] | |
4 maggio 1947 | Gennaio 1952 | Francesco Calderone | Sindaco | [15] | |
Gennaio 1952 | 26 novembre 1960 | Vincenzo Calderonio | Sindaco | [15] | |
26 novembre 1960 | 11 maggio 1961 | Giuseppe Trifirò | Sindaco | [15] | |
11 maggio 1961 | 20 ottobre 1961 | Fortunato Cirino | Sindaco | [15] | |
20 ottobre 1961 | 16 dicembre 1964 | Francesco Mirabile | Sindaco | [15] | |
16 dicembre 1964 | 23 novembre 1976 | Antonino Rizzo | Sindaco | [15] | |
23 novembre 1976 | 21 settembre 1979 | Giuseppe Giordano | Sindaco | [15] | |
21 settembre 1979 | 9 luglio 1980 | Giuseppe Trifirò | Sindaco | [15] | |
9 luglio 1980 | 12 novembre 1982 | Gaetano Burrascano | Sindaco | [15] | |
12 novembre 1982 | 5 gennaio 1984 | Benedetto Di Pietro | Sindaco | [15] | |
5 gennaio 1984 | 6 maggio 1989 | Francesco La Camera | Sindaco | [15] | |
6 maggio 1989 | 1º febbraio 1993 | Giuseppe Trifirò | Democrazia Cristiana | Sindaco | [15] |
1º febbraio 1993 | 26 giugno 1993 | Giuseppe Giordano | Partito Democratico della Sinistra | Sindaco | [15] |
20 settembre 1993 | 2 dicembre 1993 | Onofrio Zaccone | Comm. prefettizio | [15] | |
2 dicembre 1993 | 31 gennaio 1994 | Stefano Cambria | Comm. straordinario | [15] | |
31 gennaio 1994 | 25 maggio 1998 | Pasquale Calderone | lista civica | Sindaco | [15] |
25 maggio 1998 | 27 maggio 2003 | Santo Pandolfo | lista civica | Sindaco | [15] |
27 maggio 2003 | 17 giugno 2008 | Santo Pandolfo | lista civica | Sindaco | [15] |
17 giugno 2008 | 8 luglio 2013 | Antonino Campo | lista civica | Sindaco | [15] |
12 giugno 2013 | 10 giugno 2018 | Antonino Campo | lista civica | Sindaco | [15] |
11 giugno 2018 | in carica | Matteo Sciotto | lista "CambiaMenti" | Sindaco | [15] |
Il comune di Santa Lucia del Mela fa parte delle seguenti organizzazioni sovracomunali: regione agraria n.3 (Alto Fantina e Alto Mela)[18].
Il Comune fa parte del Movimento Patto dei sindaci[19] dal 2014.
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