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Il Presidente del Consiglio dei ministri incaricato è un organo costituzionale transitorio,[1] la cui affermazione è stata determinata dalla prassi costituzionale[2]. È nominato dal presidente della Repubblica ai sensi dell'art. 92 della Costituzione della Repubblica Italiana[3], ed ha il compito di assicurare il supporto della maggioranza parlamentare e proporre al Capo dello Stato la lista dei ministri per formare un nuovo esecutivo.
Le disposizioni del testo costituzionale in effetti non fanno alcun riferimento alla figura del Presidente del Consiglio incaricato di per sé. Secondo la Costituzione infatti «il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri»; la consuetudine, le convenzioni costituzionali e le interpretazioni della Costituzione adottate dai Presidenti della Repubblica, maturate nel tempo anche dopo l'esperienza del fallimento del Governo De Gasperi VIII[4][5], hanno indotto i Capi di Stato a svolgere le consultazioni con le forze politiche per assicurarsi che il Governo nominato ottenesse la fiducia in entrambe le Camere.
Dalla prassi origina dunque l'incarico per la formazione del Governo conferita al Presidente del Consiglio incaricato, il cui conferimento precede la nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri.[2]
La scelta della persona da incaricare è il frutto delle riflessioni del Presidente della Repubblica a conclusione di una o più consultazioni con i presidenti dei due rami del Parlamento, l'eventuale o eventuali Presidenti emeriti della Repubblica e le delegazioni dei gruppi parlamentari. I soggetti da consultare e il loro ordine di convocazione possono comunque variare a piacimento del Presidente.[6]
Dal 25 giugno 1958 l'incarico è conferito dal Presidente della Repubblica oralmente, e non più con apposito decreto, durante un colloquio tra il Capo dello Stato e il prescelto, al termine del quale viene emesso un semplice «comunicato» del Segretario della Presidenza della Repubblica.[7][8]
L'incarico per prassi e consuetudine viene in genere accettato «con riserva», vale a dire con la possibilità di rifiutarlo nel caso in cui il Presidente incaricato fallisse nel suo compito. In alcuni casi tuttavia è accaduto che il Presidente abbia accettato l'incarico senza riserva[9].
In caso di scioglimento negativo della riserva, il Presidente della Repubblica ripeterà le consultazioni al fine di trovare una nuova personalità da incaricare e nel caso constatasse l'impossibilità di dare un nuovo incarico, decreterà lo scioglimento delle Camere (tranne negli ultimi sei mesi del suo mandato settennale). In caso invece di scioglimento positivo della riserva, l'incarico viene accettato e contestualmente il Presidente del Consiglio incaricato presenta la proposta di lista dei ministri al Capo dello Stato, il quale potrà accettarla o rifiutarla, anche solo parzialmente, per inopportunità chiedendo di individuare altre personalità.[10]
Al fine di sciogliere la riserva, il Presidente del Consiglio incaricato tiene delle proprie consultazioni con le delegazioni delle forze politiche presenti in Parlamento al fine di individuare programma e struttura del governo in formazione.[11]
Con lo scioglimento positivo della riserva, seguiranno il decreto del Presidente della Repubblica di accettazione delle dimissioni del governo ancora in carica per il disbrigo degli affari correnti e quindi i decreti di nomina dei nuovi ministri e prima di assumere le funzioni, ai sensi dell'art. 93 della Costituzione, il giuramento degli stessi nelle mani del Presidente della Repubblica[12].
Al nuovo governo in carica non resta che presentarsi entro dieci giorni alle Camere per ottenere da entrambe la fiducia.[13] In caso contrario il governo è costretto a dimettersi aprendo una nuova crisi di governo.
Elenco a partire dal 1922.