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Edoardo Cacciatore (Palermo, 1912 – Roma, settembre 1996) è stato un poeta e saggista italiano.
Nato a Palermo da genitori agrigentini, sin dalla prima infanzia Cacciatore si trasferì a Roma dove visse fino alla morte. Ha sempre condotto una ricerca solitaria: cominciò la sua attività letteraria come saggista, ma negli anni '50 si rivelò come poeta pubblicando le sue prime poesie (dal titolo Graduali, poi raccolte e nuovamente edite nel 1986) sulla rivista Botteghe Oscure diretta da Giorgio Bassani e patrocinata da Marguerite Caetani. La poesia di Cacciatore si può ricondurre alla forma chiusa: «Nell'accezione di Cacciatore, l'espressione forma chiusa si riferisce a un sistema basato su rigorose regole interne; in tal senso si potrebbe affermare che l'autore faccia uso in tutti i suoi testi esclusivamente di forme chiuse». [1] «Cacciatore, manierista, neoretorico, gnomico, è autore di una poesia che costituisce una sorta di hapax nel nostro Novecento. È una poesia che non guarda tanto ai modelli italiani coevi o della tradizione in cui ha le proprie radici la letteratura del secolo appena trascorso. Piuttosto si rivolge ai grandi testimoni della crisi - espressiva e conoscitiva - ..., Eliot o Benn, e intende riformulare le forme metriche chiuse, in una grande varietà di misure e di accenti, verso l'esempio del sonetto elisabettiano, che suggestionò anche Eliot per la duttilità di un metro capace di consentire la mescolanza sui generis di passione e di pensiero, di sentimento e di raziocinio, come scrisse Mario Praz. Cacciatore soffre, nella storia della poesia contemporanea, proprio di questa singolarità, della propria radicale estraneità ai modelli dominanti del secondo dopoguerra».[2]
« la caratura della poesia di Cacciatore è altissima: basti considerare, rispetto al primo punto , che la tendenza che gli è connaturata della poesia-pensiero costituisce di per se stessa, di fatto, motivo di detonante polemica verso la nostra tradizione, rimasta sempre più o meno sotterraneamente preda del neoidealistico postulato della poesia intuitiva e sentimentale; che, sul secondo punto , la eccezionale densità e ricchezza della poesia cacciatoriana esorbita di gran lunga tutti gli standard e mette a mal partito ogni parzialità metodologica; che, infine, a proposito del terzo punto , sarebbe piuttosto difficile configurare lo spettro e le caratteristiche della sperimentazione attuale senza valutare a pieno l'apertura di nuove prospettive contenuta nelle procedure dell'autore qui in esame. Ed è da notare la sordità della critica italiana verso Cacciatore . Alle inadempienze della critica ufficiale conviene ribattere evidenziando in tutta la sua portata l'attualità della posizione di Cacciatore; la quale principalmente risiede, a nostro avviso, nel non lasciarsi catturare dalle due sirene dell'ideologia contemporanea, il neotradizionalismo e il postmodernismo.»[3]
« la parola nel trapasso dal piano della contiguità spazio-temporale a quello della similarità e della discontinuità diviene il luogo in cui si rappresenta la mobilità trasformativa dello stesso linguaggio del divenire istantaneo dell'esperienza e del pensiero. Non solo i referenti chiamati in causa dal segno, ma il segno in quanto tale, è concepito ed espresso nella transitorietà dei momenti in cui si esplica e si riproduce il fenomeno globale dell'alterazione.»[4]
Nel 2003 Florinda Fusco ha curato l'edizione dell'opera completa di Edoardo Cacciatore.
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