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Gladio (LT.) Gladius | |
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Tipo | Spada |
Impiego | |
Utilizzatori | Esercito romano |
Conflitti | Guerre romane |
Produzione | |
Varianti | Gladius hispaniensis Gladio tp. "Magonza" Gladio tp. "Pompei" |
Descrizione | |
Peso | 1,2-1,6 kg |
Lama | 60-66 cm (Hispaniensis)[1] 40-55 cm ("Magonza")[2] 50 cm ("Pompei")[3] |
Tipo di lama | Ferro, affilatura su ambo i lati |
Tipo di punta | Triangolare |
Tipo di manico | Legno, osso, avorio |
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Il gladio (in latino gladius - lett. "spada") era il nome della spada utilizzata dai soldati romani nel corso della storia dell'esercito romano.
Le prime spade dell'Antica Roma erano simili a quelle in uso nella Magna Grecia, adottate per mediazione degli Etruschi: gli xiphos a lama diritta e le makhaira a lama curva.
A partire dal III secolo a.C., i soldati della Repubblica Romana adottarono spade di tipo celtico in uso ai Celtiberi durante la conquista dell'Hispania, e pertanto definito gladius hispaniensis.[4] Durante il periodo imperiale il gladio fu usato nelle varianti del tipo "Magonza" e del tipo "Pompei", per poi essere sostituito nel III secolo nell'equipaggiamento della fanteria dalla spatha[5] a lama più lunga e sottile, già usata dalle truppe di cavalleria.
Gladius (plurale, sia nominativo sia vocativo, "gladiī") è un sostantivo maschile latino di seconda declinazione. L'etimo vale per qualsiasi spada, non specificamente alla moderna definizione di gladius, e compare in letteratura latina già tra III e II secolo a.C. nelle opere di Plauto (Casina, Rudens) e di Quinto Ennio che ne adotta l'uso in poesia in sostituzione del vocabolo "ensis" d'uso precedente[6].
Si ritiene trattarsi di una parola celtica, mediata al latino dalla lingua etrusca: kladi(b)os o *kladimos ("spada"), donde cleddyf ("spada", lingua gallese), klezeff ("spada", lingua bretone), claideb/claidheamh ("spada" rispettivamente in irlandese antico e moderno) da cui forse l'antico irlandese claidid ("scavare") e il gallico-bretone cladia/clado ("fossa, trincea, valle cava").[7][8][9][10]
Da "gladio" derivano le parole "gladiatore" e "gladiolo".
A cavallo tra il III ed il II secolo a.C., comunque entro la seconda guerra punica, il legionario romano abbandonò le spade del periodo monarchico e alto-repubblicano, lo xiphos e la makhaira greche, per una robusta arma di chiara derivazione celtica, il gladius hispaniensis o iberiké machaira(«spada iberica»).[11][12]
Spade con massiccia lama a foglia, dalla punta molto marcata, sono state attestate dai ritrovamenti archeologici come già presenti in Spagna nell'VIII secolo a.C., al tempo della "Cultura Cogotas", responsabile della diffusione in loco della tecnologia metallurgica della proto-celtica Cultura di Hallstatt e della successiva, celtica, Cultura di La Tène.
Non è oggi ancora chiaro quando e come esattamente l'adozione della nuova spada occorse:
Il Gladius hispaniensis restò in uso alle forze romane (anche alla cavalleria[17]) sino al I secolo d.C. dopodiché fu sostituito da altre due tipologie di gladio che gli studiosi nominano, in ragione della provenienza dei reperti, il Gladio tp. "Magonza" e il Gladio tp. "Pompei".
Il Gladio tp. "Magonza" si afferma durante la Pax Augustea, sovrapponendosi alla spada iberica nel corso della prima metà del I secolo.[2] La maggior parte dei reperti provengono dal territorio romano in Germania (molti reperti sono stati trovati nel letto del Reno), da Magonza e da altre località presso le quali si trovarono spade che crearono sotto-categorie: es. Gladio Magonza-Fulham; Gladio Magonza-Sisak; ecc.
Il Gladio tp. "Pompei" (dal gran numero di reperti trovati a Pompei) sostituisce il Gladio tp. "Magonza" a partire dalla metà del I secolo[3] e resta in uso sino ad essere sostituito dalla spatha al principio del III secolo d.C.[5] Come il "Magonza", anche il Gladio "Pompei" ha delle sottocategorie dovute a reperti provenienti da diverse località dell'Impero. Si tratta, con buona probabilità, di un esempio di arma quanto più possibile standardizzata per permetterne la produzione su vasta scala[3] al fine di rifornire quello che al tempo era l'esercito più grande (e più dispendioso) mai esistito.
Un recente studio metallurgico su due spade etrusche, un kopis dal VII secolo a.C. di Vetulonia e un gladio ispanico dal IV secolo a.C. di Chiusi, fornisce una buona testimonianza della metallurgia romana d'Età Repubblicana[18]:
Inclusioni di sabbia e ruggine indebolirono le due spade e senza dubbio limitarono la forza delle spade durante il periodo romano.
Tutti i diversi modelli di gladio, sin dal principio, venivano portati dai legionari sul fianco destro[11] e venivano estratti con una torsione del braccio destro[19]. Questo per non intralciare l'uso dello scutum (it. "scudo") che veniva portato e usato con il braccio sinistro.
Il gladius hispaniensis era arma più versatile, il cui utilizzo nelle mischie di fanteria non si limitava a semplici affondi (come lo xiphos degli opliti greci) ma poteva essere impiegato efficacemente per la scherma uno-vs-uno[20] e per potenti colpi di taglio[21][22]. Esemplare in questo senso la descrizione dei mortiferi effetti della spada spagnola riportati da Livio nella narrazione della Seconda guerra macedonica[17]. Il legionario, soprattutto in epoca imperiale, se ne serviva però principalmente nell'affondo. La punta triangolare, ben affilata da ambo i lati, era progettata con l'intenzione di penetrare facilmente le carni del nemico (Vegezio, «con la punta si uccide più in fretta»). Le ridotte dimensioni dell'arma, specialmente dei modelli imperiali, permetteva il suo utilizzo nel combattimento ravvicinato imposto dal muro di scudi (v.si testuggine) rispetto alla spada lunga che richiedeva maggiore mobilità e spazio.
Il gladio era oltretutto una delle armi più usate nei combattimenti-spettacolo organizzati negli anfiteatri. I duellanti presero quindi dalla loro arma più comune il celeberrimo nome di gladiatori.
Le differenze tra le varie tipologie di gladio sono sottili. La spada ispanica repubblicana era un'arma di buone lunghezza e spessore, con una leggera curvatura della lama "a vita di vespa" o "a foglia". La varietà "Magonza", entrata in uso sulla frontiera germanica, la più "calda" del primo periodo imperiale, mantenne la curvatura ma accorciò e allargò la lama, rendendo la punta marcatamente triangolare forse con l'intento di massimizzare l'efficacia dell'arma nelle mischie serrate che permisero ai legionari di avere la meglio sui germani armati con lame più lunghe (la tipologia ebbe appunto massiva distribuzione delle terre più settentrionale dell'Impero[23]). In Italia, nel cuore dell'Impero, entrò in uso la versione meno specializzata "Pompei", con filo rigorosamente diritto e punta non molto marcata. Il "Magonza-Fulham" era un compromesso tra le due versioni: fili paralleli ma punta lunga.[24]
Entrambi i modelli "Magonza" e "Pompei" avevano un'elsa (capulus) composta da impugnatura in legno, osso o avorio protetta da una guardia semiovale in legno, chiusa a contatto con la lama da un disco di bronzo, ed erano controbilanciati da un pomello in legno o altro materiale pregiato.
Il fodero del gladio era composto da due lamine di legno sottile, arricchite da lamine di bronzo e chiuse all'estremità da un puntale parimenti in bronzo[25]. Le lamine in bronzo potevano essere riccamente decorate con la tecnica del c.d. "opus interrasile"[3].
Quattro anelli di sospensione permettevano di fissare il fodero al cingulum (pratica di probabile origine iberica)[1].