Mosè (Michelangelo)

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Mosè
AutoreMichelangelo Buonarroti
Data1513-1515 circa e 1542
MaterialeMarmo
Altezza235 cm
Ubicazionebasilica di San Pietro in Vincoli, Roma
Coordinate41°53′37.58″N 12°29′35.9″E
Mosè illuminato da un raggio di sole

Mosè è una scultura marmorea di Michelangelo Buonarroti, databile al 1513-1515 circa, ritoccata nel 1542 e conservata nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. La creazione, alta 235 cm, fa parte del complesso statuario concepito quale tomba di Giulio II . Tra le prime scolpite per il progetto del mausoleo del papa, fu anche l'unica tra quelle pensate fin dall'inizio ad essere usata nel ridimensionato risultato finale, che vide la luce solo dopo quarant'anni di tormentate vicende.

Storia

Si immagina che fin dal primo progetto della tomba di Giulio II, del 1505, il registro superiore dovesse essere decorato da quattro figure sedute a tutto tondo, di grandezza superiore al naturale per la collocazione rialzata, raffiguranti Mosè, San Paolo (entrambi avevano ricevuto la rivelazione divina), e le personificazioni della Vita attiva e della Vita contemplativa.

L'opera paragona il Sommo Pontefice al principe degli Ebrei. Novità di primo piano, non viene raffigurato il papa defunto, ma la personalità biblica che meglio lo rappresentava. Secondo un disegno conservato a New York e databile a parere della maggioranza degli studiosi al 1505-1506, al centro del primo ordine, nello stesso luogo in cui è posta la statua di Mosè, era previsto un grande maestoso bronzeo relativo al Miracolo della manna, reso come una pioggia di ghiande (forse un'allusione al simbolo araldico dei Della Rovere).[1]

Nel progetto del 1513, ripreso dopo la morte del papa e ridimensionato nel 1516, le statue occupavano ancora il registro superiore, ma invece di affacciarsi sulle due facce del monumento isolato, si trovavano affiancate agli angoli di un monumento addossato a una parete. Fu probabilmente in questo periodo che la statua del Mosè venne realizzata, quando l'artista scolpì anche i due Prigioni del Louvre (Schiavo morente e Schiavo ribelle), prima dell'avvio dei lavori in San Lorenzo per Leone X e Clemente VII.

Secondo una recente teoria, basata su un documento rinvenuto dal restauratore Antonio Forcellino, dopo il marzo del 1542 (25 anni dopo la creazione della statua) Michelangelo operò un'ardita rotazione della testa, accompagnandola con una torsione dinamica di tutto il corpo.

Mosè non si volta afferrando la barba per domare la propria passione e salvare le tavole, come aveva suggerito Sigmund Freud, secondo il quale l'episodio rappresenta Mosè che lascia cadere le tavole davanti al popolo che aveva adorato il vitello d'oro.

Freud rileva un particolare:

«il bordo inferiore delle tavole ha una configurazione diversa da quello superiore

inclinato obliquamente in avanti. Il bordo superiore procede in linea retta, mentre quello inferiore mostra nella parte anteriore una sporgenza simile a un corno»

e ricostruisce la sequenza dei movimenti che hanno portato alla caduta della tavole.[2][3]

Secondo Frommel, distoglie lo sguardo dagli altari nell'abside e nel transetto dove venivano venerate le catene di San Pietro e concesse le indulgenze a innumerevoli pellegrini, proprio come se avesse visto un nuovo vitello d'oro.[4]

Descrizione e stile

La tomba di Giulio II

La statua del Mosè occupa nel monumento a Giulio II la posizione al centro nel registro inferiore. Se nel progetto iniziale era solo una delle circa quaranta statue a tutto tondo previste, in quello finale ne divenne l'elemento primario poiché, come l'artista fece scrivere al suo biografo Ascanio Condivi, «questa sola statua è bastante a far onore alla sepoltura di papa Giulio».

Il profeta viene rappresentato in posizione seduta, con la testa barbuta rivolta a sinistra, il piede destro posato per terra e la gamba sinistra sollevata con la sola punta del piede posata sulla base. La posizione delle gambe ricorda quella del Profeta Isaia di Raffaello (1511-1512), che le fonti ricordano come elogiato dal Buonarroti. Il braccio sinistro è abbandonato sul grembo, invece quello destro regge le tavole della Legge, mentre la mano arriccia la lunga barba. Curiosamente le tavole della legge risultano rovesciate, come se fossero scivolate dalle braccia del Mosè.[5] La statua, nella sua composizione, esprime la solennità e la maestosità del personaggio biblico. Celebre lo sguardo del Mosè definito come "terribile": esso è stato interpretato come espressione del carattere di Michelangelo, irascibile, orgoglioso e severo, per il quale è stato coniato il termine "terribilità".[5]

Per quest'opera, Michelangelo si rifece a esempi quattrocenteschi, come il San Giovanni Evangelista di Donatello, e antichi come il Torso Belvedere e le antiche divinità fluviali. Da Donatello in particolare riprese la carica di energia trattenuta, soprattutto nel volto contratto e concentrato, ma amplificata da una maggiore carica dinamica, grazie allo scatto contrario della testa rispetto al corpo.

Le corna sul capo del Mosè, tipiche della sua iconografia, sono probabilmente dovute ad un errore di traduzione da parte di San Girolamo del Libro dell'Esodo (34-29), nel quale si narra che Mosè, scendendo dal monte Sinai, avesse due raggi sulla fronte. L'ebraico "karan" o "karnaim" - "raggi" - sarebbe stato confuso con "keren" - "corna". All'errore può aver contribuito anche il fatto che nel Medioevo si riteneva che solo Gesù potesse avere il volto pieno di luce.

Leggende

È legato a questa scultura l'aneddoto leggendario secondo il quale Michelangelo, contemplandola al termine delle ultime rifiniture e stupito egli stesso dal realismo delle sue forme, abbia esclamato «Perché non parli?» percuotendone il ginocchio con il martello che impugnava.[6]

A proposito della maestosa barba del Mosè, il Vasari disse che è scolpita con una perfezione tale da sembrare più «opera di pennello che di scalpello».[5]

Secondo la fantasia popolare, nella barba del Mosè, sotto il labbro inferiore, leggermente a destra, Michelangelo avrebbe scolpito il profilo di papa Giulio II e una testa di donna.[7]

Note

  1. ^ Marco Ruffini, Mosè redivivo. Michelangelo e la Tomba di Giulio II, in De Medio Aevo, vol. 12, n. 2, 11 ottobre 2023, pp. 357–372, DOI:10.5209/dmae.90459. URL consultato l'8 aprile 2025.
  2. ^ A questo punto viene da pensare che anche le tavole siano pervenute a questa posizione in conseguenza di un movimento precedente, che quest’ultimo sia dipeso dallo spostamento che abbiamo attribuito alla mano destra e che la posizione assunta dalle tavole abbia poi a sua volta costretto la mano a compiere il successivo moto a ritroso. Gli spostamenti della mano e delle tavole sono coordinabili nel modo che segue: all’inizio, quando la figura sedeva tranquilla, essa reggeva le tavole perpendicolarmente sotto il braccio destro. La mano destra ne afferrava in basso i bordi e trovava un appoggio nella voluta che scorge in avanti. Essendo questo il modo più facile di reggere le tavole, ciò spiega senz’altro perché erano tenute capovolte. Poi venne il momento in cui la pace fu scossa dal tumulto. Mosè volse il capo in quella direzione e, quando ebbe osservato la scena, il piede si preparò al balzo, la mano allentò la presa sulle tavole e risalì a sinistra, afferrando la barba, quasi a esercitare la sua irruenza sul proprio corpo. Le tavole a questo punto restarono affidate alla pressione del braccio, che doveva premere contro il torace. Ma questo modo di sostenerle non bastava, incominciarono a scivolare in avanti e in basso . Un attimo ancora e le tavole avrebbero dovuto ruotare sul nuovo punto di appoggio, toccare il suolo col bordo che in precedenza si trovava in alto, e sfracellarvisi (Il Mosè di Michelangelo 2018b: 43-45).
  3. ^ Isabelle Alfandary, Il Mosè di Sigmund Freud, o l'altro in sé, 1º gennaio 2021. URL consultato il 17 marzo 2025.. Citazione: "come se anch'io appartenessi alla marmaglia sulla quale è puntato il suo occhio, una marmaglia che non può non tenere fede a nessuna convinzione, che non vuole aspettare né credere, ed esulta quando torna a impossessarsi dei suoi idoli illusori."
  4. ^ web.archive.org, https://web.archive.org/web/20151121202317/http://archiviostorico.corriere.it/1992/settembre/30/Pietro_Longo_ritornato_casa_occupera_co_0_920930071.shtml.
  5. ^ a b c Mosè di Michelangelo, su romeguide.it. URL consultato il 29 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
  6. ^ Claudio Rendina, La grande guida dei monumenti di Roma, Roma, Newton Compton, 2002, p. 554.
  7. ^ Willy Pocino, Le curiosità di Roma, collana Tradizioni italiane, Roma, Newton Compton, 2009, p. 294.

Bibliografia

Voci correlate

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