Al giorno d'oggi, Credito italiano V.E.R.D.I. è un argomento rilevante che non lascia nessuno indifferente. Questo tema ha avuto un grande impatto sulla società, generando un interesse diffuso ed essendo oggetto di dibattito in diversi ambiti. Credito italiano V.E.R.D.I. è da tempo oggetto di studi e ricerche per la sua importanza, e le opinioni al riguardo sono varie e spesso appassionate. In questo articolo esploreremo in modo approfondito i diversi aspetti di Credito italiano V.E.R.D.I. e il suo impatto in vari contesti, offrendo una visione ampia e dettagliata che permette al lettore di comprendere meglio questa questione così rilevante.
Credito italiano V.E.R.D.I. | |
---|---|
Autore | Carmelo Bene |
1ª ed. originale | 1967 |
Genere | romanzo |
Lingua originale | italiano |
Protagonisti | Giacobbe |
Coprotagonisti | Rachele |
Credito italiano V.E.R.D.I. è un romanzo[1], quasi un racconto, pubblicato dalla Sugar nel 1967 e scritto nel 1966 da Carmelo Bene che lo definisce "quanto avanza di un romanzo cestinato" e il più "spudoratamente autobiografico" di quanto avesse mai scritto.[2]
Alcuni spunti tratti da "Credito italiano..." si riscontreranno "virtualmente" in Nostra Signora dei Turchi e Salomè (lo sperpero di denaro, l'"auto-crocifissione di un cristo qualunque", ...)[3].
Il romanzo è incentrato sulle figure di Giacobbe principalmente e Rachele, una coppia che sembra perseguitata dalla fortuna...
Questo sembra essere il leitmotiv apparentemente insensato di questo quasi un racconto: l'inopportunità della ricchezza, e tutto ciò che possa agevolare l'agiatezza, tanto da costringere Giacobbe a bruciare letteralmente cinque miliardi di lire italiane...
Come se ciò non bastasse, viene ad aggiungersi uno strano dubbio misto a timore...
Cercando di cadere nella miseria più bieca, o diversamente, facendo di tutto per non più risollevarsi dalla loro indecente situazione, Giacobbe pensò a un certo punto di cercarsi un padre da mantenere, un poveraccio qualunque andrà bene ...
Questa impotenza e impossibilità a permanere o regredire sempre più in uno stato indigente diventa un vero incubo e il credito diventa illimitato.
La paternità, troppo indesiderata,[7] è un altro elemento portante che caratterizza l'ossatura del romanzo così come il fantasma verdiano che si percepisce un po' ovunque. Allo stesso modo si avverte l'incapacità del privato, il privarsi del privato, tanto che l'epigrafe del libro riporta inconfutabilmente: "Se il mondo fosse la visione che ne abbiamo e non quella che il mondo ha di noi saremmo forse più riservati"[8]