Almerigo Grilz

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Corso nazionale del Fronte della Gioventù a Montesilvano nel 1981. Da sinistra Gianfranco Fini, Giorgio Almirante, Maurizio Gasparri e Grilz

Almerigo Grilz (Trieste, 11 aprile 1953Caia, 19 maggio 1987) è stato un giornalista e politico italiano, inviato di guerra.

Biografia

La militanza politica

Il suo cognome è di origine slovena.[1]

In gioventù è stato un dirigente del movimento studentesco Fronte della Gioventù (FdG) e del Movimento Sociale Italiano, nonché consigliere comunale a Trieste.

Nel luglio 1972, viene denunciato per avere disturbato una manifestazione antimilitarista lanciando oggetti e usando parole d'ordine e gesti di riconoscimento del Partito Fascista.[2]

A gennaio 1976 viene identificato da tre militanti del Partito di Unità Proletaria come uno di cinque aggressori che li avevano picchiati a sprangate.[2]

Nel 1976 viene espulso dall'Università di Trieste per avere fatto volantinaggio per il Movimento Sociale Italiano nei locali dell'università e avere lanciato delle bottiglie contro degli studenti che si erano radunati sul posto, ferendone alcuni.[2]

Nel 1977 diventa dapprima capo del FdG triestino, poi vicesegretario nazionale per volontà dell'allora segretario Gianfranco Fini. Nello stesso anno si iscrive all'Albo dei giornalisti come pubblicista e collabora con il quindicinale del FdG Dissenso.

Nel giugno 1977 viene fotografato da Claudio Ernè a piazzale Rosmini (Trieste), con un fucile in mano in compagnia di altri uomini armati. La foto è pubblicata dal settimanale "Meridiano di Trieste".[2]

Nel 1978, chiamato alle armi per il servizio militare di leva, è assegnato al 59º Battaglione Meccanizzato "Calabria", inquadrato nella Brigata meccanizzata "Isonzo" di stanza a Cividale del Friuli.

Alla fine degli anni '70 fonda il "Centro Nazionale Audiovisivi", partendo da alcuni suoi servizi girati durante il conflitto in Libano tra i cristiano-maroniti.

Una relazione della questura di Bologna relativa alla strage di Bologna del 2 agosto 1980 menziona Grilz come "più volte denunciato per rissa lesioni, apologia del fascismo etc."[2] e menziona la collaborazione di alcuni neofascisti italiani, fra cui Grilz, e le Falangi Libanesi maronite, in lotta contro i palestinesi.[2]

L'11 marzo 1982 si laurea in giurisprudenza con una tesi "sul terrorismo e sul dilagare della lotta armata in Italia".[2]

Nel febbraio 1983 su "Trieste domani" pubblica un articolo sul centenario mussoliniano in cui definisce il fascismo "l'unica terza via possibile" tra capitalismo e socialismo.

Il 18 giugno 1983 partecipa come oratore a una manifestazione del Movimento Sociale Italiano a Basovizza, frazione di Trieste a forte componente slovenofona[3]. Il comizio, inizialmente previsto a Dolina, era stato vietato dal prefetto[2]. Nella sua relazione, il vicequestore Sergio Petrosino menziona "il noto Grilz"[2] e scrive che «l'atteggiamento complessivo dei presenti non era certamente quello di un gruppo che si preparasse a celebrare un pacifico rito elettorale: tutti erano in abbigliamento “da battaglia” e sembravano pervasi da una certa tensione».[2] Nella stessa giornata, il gruppo si sposta verso Longera (Lonjer), altro quartiere di Trieste a maggioranza slovenofona, dove viene visto colpire la gente del posto con bastoni e pugni.[3] Tra i feriti vi è Milka Kjuder, moglie del direttore partigiano Oskar Kjuder, colpita al petto con un bastone e ricoverata in ospedale.[3] In quell'occasione, Grilz colpisce in faccia un passante con un altoparlante, gridando "S'ciavi, veremo ciorve per le case uno per volta".[3] Il 20 giugno 1983 il giornale Primorski dnevnik pubblica una foto del passante con un grosso livido nero sotto l'occhio destro[3] e la foto di un biglietto appeso davanti alla sede del Movimento Sociale Italiano in cui si rivendicava di avere "bastonato" gli abitanti di Longera.[2]

Corrispondente di guerra

A metà degli anni ottanta, si dedica solo alla professione giornalistica, lascia la politica e parte per l'estero, rimanendo almeno dieci mesi lontano dall'Italia.

Almerigo Grilz è stato testimone di più fronti di guerra dalla fine degli anni settanta alla morte: dall'intervento militare sovietico in sostegno della Repubblica Democratica Afghana, all'invasione israeliana del Libano e al conflitto tra drusi e maroniti a Beirut, dalla guerriglia contro il presidente etiope Menghistu al conflitto in Mozambico. Alle corrispondenze scritte unì dapprima foto e poi video, divenendo un fotoreporter freelance.

Nel 1984 documentò il conflitto in Cambogia tra i guerriglieri khmer rossi di Pol Pot e l'esercito della Repubblica Popolare di Kampuchea filo-vietnamita. Raccontò, al confine tra Birmania e Thailandia, la guerra tra la minoranza etnica Karen e le truppe di Rangoon. Le sue immagini vennero acquistate anche dalla CBS (Stati Uniti d'America), da France 3 e dall'NBC (USA). Successivamente questi network gli commissionarono servizi in altre parti del mondo.[senza fonte]

Per la NBC Grilz seguì la guerriglia comunista filippina e le elezioni del 1986, che portarono alla caduta del dittatore Ferdinando Marcos e alla vittoria delle opposizioni, capitanate da Corazon Aquino a seguito della Rivoluzione del Rosario. I reportage di Grilz sono stati pubblicati su The Sunday Times, su Der Spiegel e su altre autorevoli riviste europee.[4]

L'Albatross

Con Gian Micalessin e Fausto Biloslavo, con i quali condivideva la militanza nel Fronte della Gioventù, Grilz fondò nel 1983 l'agenzia giornalistica Albatross, che produsse servizi (scritti, fotografati e filmati) da gran parte delle aree del mondo interessate da eventi bellici, di guerriglia o rivoluzionari. L'agenzia vendette molti servizi a grandi emittenti televisive internazionali, in particolare anglosassoni. In Italia i reportage di Albatross vennero pubblicati sia su riviste specializzate, come Rivista italiana difesa, dove si firmava con lo pseudonimo Gritz[5], sia su periodici di larga tiratura come Panorama e furono mandati in onda dal TG1.

La morte

Nel 1987, Grilz si recò in Mozambico per seguire la guerra civile tra FRELIMO e RENAMO, quest'ultima veniva finanziata dal Sudafrica dell'apartheid.

Il 19 maggio 1987, in Mozambico, nella provincia di Sofala, mentre con una cinepresa stava documentando una battaglia fra i miliziani della RENAMO, e l'esercito governativo, fu colpito da un "proiettile vagante". I suoi resti furono sepolti nei pressi del luogo dove trovò la morte.[6]

La morte di Grilz fu ricordata[non chiaro] per la televisione dal TG1 dal conduttore Paolo Frajese; per la carta stampata sul settimanale Il Sabato da Renato Farina, e da Ettore Mo, inviato del Corriere della Sera.

Il Secolo d'Italia lo ha descritto come il "primo reporter italiano caduto su un campo di battaglia dalla fine del secondo conflitto mondiale"[7].

Commemorazioni e intitolazioni

Note

Collegamenti esterni

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