Questo articolo approfondisce l'importanza di Salvatore Niffoi in vari aspetti della vita quotidiana, sia in ambito lavorativo, personale o sociale. Salvatore Niffoi gioca un ruolo fondamentale nelle nostre decisioni, atteggiamenti e comportamenti, influenzando direttamente o indirettamente la nostra percezione del mondo che ci circonda. Nel corso della storia, Salvatore Niffoi è stato oggetto di studio, dibattito e riflessione, risvegliando l'interesse di filosofi, scienziati, sociologi e accademici di varie discipline. In questo senso, è rilevante esplorare le molteplici sfaccettature di Salvatore Niffoi e il suo impatto sulla società contemporanea, nonché le possibili implicazioni future che potrebbero derivare dalla sua continua evoluzione.
Salvatore Niffoi (Orani, 19 febbraio 1950) è uno scrittore italiano.
Nasce a Orani, piccolo centro della Barbagia nella provincia di Nuoro. Si è laureato in lettere a Roma nel 1976, con una tesi sulla poesia in sardo, i cui relatori erano Carlo Salinari e Tullio de Mauro.[1][2] È stato insegnante di scuola media fino al 2006.[1][2]
Scrive il suo primo romanzo, Collodoro, nel 1997, edito dalla casa editrice nuorese Solinas. Nel 1999 inizia il sodalizio con la casa editrice Il Maestrale, con la quale ha pubblicato i successivi romanzi: Il viaggio degli inganni (1999), Il postino di Piracherfa (2000), Cristolu (2001), La sesta ora (2003).
I romanzi La leggenda di Redenta Tiria, La vedova scalza e Ritorno a Baraule escono presso la casa editrice Adelphi di Milano; con La vedova scalza ha vinto il Premio Campiello nel 2006.[3] Niffoi è un esponente della Nuova letteratura sarda. I suoi libri sono stati tradotti in numerose lingue.[4]
La sua prosa si caratterizza per la commistione di italiano e sardo, sia dal punto di vista lessicale sia sintattico. L'uso del sardo, scelta voluta e necessaria come lui stesso afferma, non vuole tenere lontani i lettori che non conoscono il suo idioma, bensì vuole dare alle cose il nome che hanno, esprimere il senso della narrazione senza incorrere nel tradimento della traduzione, in un approccio alla letteratura volto a conservare i dubbi, piuttosto che esplicitare certezze. Degne di nota sono le sue descrizioni, che prevalgono sui dialoghi e hanno capacità di restituire i colori e gli odori, ma anche i rumori (anche mediante l'uso delle onomatopee), sollecitando i sensi.[5]
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