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In ambito storico, con il termine post-fascismo si intende il periodo successivo alla caduta del fascismo nel 1943, coincidente con il secondo dopoguerra italiano.[1]
Dagli anni 1990 il termine ha assunto un significato anche in ambito politico, indicando il processo di revisione ideologica dei partiti politici di matrice fascista e neofascista, nel tentativo di lasciare la prospettiva totalitaria per aprire un dialogo con esponenti conservatori, nazionalisti, tradizionalisti e con le forze della destra tendenzialmente moderata.
Il Movimento Sociale Italiano, partito di matrice neofascista, intraprese più volte negli anni, in particolare con segretari come Augusto De Marsanich, Arturo Michelini e anche Giorgio Almirante, vari tentativi di dialogo con partiti più moderati, come quelli monarchici, la Democrazia Cristiana e il Partito Liberale Italiano, nell'ottica della creazione di un grande partito di destra (di qui la dizione Destra Nazionale introdotta nel 1972).
Tuttavia, il MSI ha sempre mostrato un volto antisistema, dichiarando la sua «opposizione al sistema democratico»,[2] e lo slogan "Non rinnegare, non restaurare" (introdotto da De Marsanich in occasione del primo congresso del partito nel 1948) ha stabilito l'indiscutibilità del fascismo, come ideologia e come sistema politico, all'interno del partito, quindi l'inammissibilità di qualsiasi tipo di revisione,[3] nonostante la presenza nel partito di esponenti che, pur rifacendosi al fascismo, ne criticavano alcuni aspetti.[4]
Il primo partito composto da ex militanti del MSI che decise di accantonare il fascismo come ideologia caratterizzante fu Democrazia Nazionale, fondato nel 1977 da Ernesto De Marzio, Raffaele Delfino, Mario Tedeschi, Pietro Cerullo e altri, e scioltosi nel 1979, a causa degli insuccessi elettorali.
Erede della tradizione post-fascista italiana fu Alleanza Nazionale, partito nato nel 1995 e dissolto nel 2009. Ad oggi l’ideologia post fascista è rappresentata prevalentemente da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, partito erede del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale.
Tali proposte vennero, durante gli anni '70, in parte fatte proprie dalla segreteria di Almirante, ma incominciarono a manifestarsi i segni che il MSI stava passando da una visione fascista-integralista ad una visione post-fascista soltanto tra gli ultimi anni '80 ed i primi anni '90. Proprio in quel periodo infatti, contemporaneamente alla dissoluzione dei partiti di governo tradizionali (Dc, Psi, Psdi, Pli, Pri) ed alla trasformazione in senso riformista del Pci, anche il MSI (soprattutto grazie alla segreteria Fini) sceglie di darsi una sterzata moderata in grado di incanalare il voto ed il consenso dei ceti medi conservatori: fu questa in sostanza la proposta di una nuova "alleanza nazionale", che diede ufficialmente inizio al periodo "post-fascista" del MSI[5]. Poco dopo il partito cambierà anche nome, divenendo proprio "Alleanza Nazionale": che, secondo lo stesso leader Fini, è la "realizzazione aggiornata" di quella grande destra tanto sognata dei leader missini tra gli anni '70 e gli anni '80, una destra cioè che partendo dalle radici missine tenta di estendere i propri confini fino alle forze conservatrici e nazionaliste.
Questa svolta, in ogni caso, non fu condivisa da una parte del MSI-DN, guidata dall'ex segretario Pino Rauti, "rivale storico" di Fini all'interno del MSI-DN, da sempre animatore dell'ala "di sinistra", che diede vita ad un nuovo movimento, minoritario rispetto ad AN, con il nome di Movimento Sociale Fiamma Tricolore.