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Giuseppe Giacoletti (Chivasso, 1803 – Urbino, 21 marzo 1865) è stato un presbitero e poeta italiano ricordato come poeta in lingua latina, vincitore del primo premio al Certamen poeticum Hoeufftianum di Amsterdam e come tale ricordato da Giovanni Pascoli.
Nato in una famiglia di modeste condizioni economiche, fece i primi studi nella città natale e nel 1818 fu ammesso a frequentare il noviziato di San Pantaleo delle Scuole Pie[1]. Divenuto scolopio, proseguì gli studi al Collegio Nazareno di Roma, dove successivamente fu dapprima istitutore e poi insegnante[1]. Cominciò a farsi apprezzare come poeta sia in lingua italiana che in lingua latina: nel 1823 fu ammesso all'Accademia degli Incolti, nel 1832 all'Accademia dell'Arcadia col nome di Cratippo Driadrio, nel 1838 all'Accademia Tiberina, infine nel 1847 sarà ammesso all'Accademia dei Lincei[2].
Si interessava di discipline matematiche e fisiche. La sua principale opera poetica in lingua italiana fu un poema didascalico in terzine, L'Ottica, in tre volumi pubblicati dal 1841 al 1846, e un poemetto sulla forza motrice del vapore[3]. I temi della scienza e della tecnica ricorrono anche nelle poesie in lingua latina. Nel 1863 vinse il Certamen di Amsterdam con un carme dedicato alle macchine a vapore. Tranne un periodo in cui insegnò in un istituto di Alatri, Giacoletti rimase a Roma fino al 1849[2]. Quell'anno ottenne di poter tornare in Piemonte soprattutto per poter assistere i familiari in condizioni di indigenza[4]. Con l'unità d'Italia tornò fra gli Scolopi come professore di Retorica al seminario di Pesaro e successivamente al collegio degli Scolopi di Urbino[3], dove lo conobbe Giovanni Pascoli, all'epoca scolaro delle elementari[1][5].
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