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Li Qingzhao[5] (李清照T, Lǐ QīngzhàoP, pseudonimo Gahapati Yì'ān Jūshì 易安居士; Jinan, 1084 – Jinhua, 1151) è stata una poetessa cinese; le sue poesie sono considerate fra le più belle di tutta la dinastia Song e di tutta la letteratura cinese[1][2][3][4].
Li Qingzhao nacque in una famiglia colta ed aristocratica, in cui suo padre, Li Gefei, era un professore all'Accademia Imperiale e un noto scrittore di prosa, sua madre aveva una certa reputazione come poetessa,[6] ed erano amici del poeta, pittore e statista Su Shi.[4]
Li Qingzhao, che crebbe circondata dalla notevole collezione di libri accumulata dalla sua famiglia, ricevette un'istruzione completa durante la sua infanzia e manifestò sin da giovane grandi doti di studiosa e di poetessa e prima di sposarsi, la sua poesia era già ben nota all'interno di circoli culturali.[2]
Seguace del buddhismo, si sposò con il letterato Zhao Mingchen, un noto antiquario che aveva gli stessi suoi gusti letterari, le sue stesse passioni per l'epigrafia e il collezionismo d'arte, e che morì di tifo precocemente, nel 1129, dopo una vita coniugale felice.[4]
Dopo l'invasione degli Jurchen nel nord della Cina, che fondarono la dinastia Jīn, Li Qingzhao fuggì nel sud della Cina, inizialmente assieme al marito e dopo la sua morte da sola, arrivando ad Hangzhou nel 1132 e due anni dopo a Jinhua, dove negli ultimi anni svolse l'attività di insegnante,[7] e morì nel 1151.[3][2]
Durante la sua carriera suscitò la gelosia di numerosi scrittori, che diffusero calunnie sul suo conto, come quella che si fosse risposata, in contraddizione con i suoi versi ricchi di dolore a causa della sua vedovanza.[1][6]
Studi e ricerche recenti hanno rivalutato Li Qingzhao screditando queste calunnie.[1][6]
Fu una delle poche donne ad ottenere un grande successo nella letteratura come autrice di Ci (liriche su schema metrico derivato da antiche canzoni popolari anonime),[4] incentrate su tematiche politiche patriottiche, sul dolore e sull'amore per il marito defunto,[1]sull'odio per la guerra, sull'invasione degli Jurchen nel nord della Cina e sul suo conseguente esilio nel sud.[2]
La sua opera completa era composta, in origine, da sette volumi di saggi e sei di poesie, un famoso saggio critico sulla forma lirica della canzone, un racconto biografico non ortodosso della sua vita;[8] sono sopravvissuti frammenti di un centinaio di poesie[4]e il poemetto Dámǎtújīng (Gioco dei cavalli), che dimostrano le sue grandi qualità letterarie e la sua sensibilità umana.[1][8]
La sua poesia si caratterizzò per la sua dizione sorprendente, per la sua attenzione ad esprimere le sue esperienze personali, per l'intensità emotiva, per le metafore, le similitudini e le allitterazioni.[2] La sua opera poetica rispecchiò il suo mondo aristocratico, gli eventi della sua vita, con i primi lavori intrisi di una spensierata vitalità e i versi che ha scritto dopo la morte di suo marito e durante il suo esilio che esprimono un tono cupo, afflitto dal dolore, ma sempre eleganti e squisitamente composti.[2][4]
Le immagini della natura, come la pioggia, il vento, i fiori, la flora, la fauna oppure gli oggetti della vita quotidiana, formano un insieme di grazia cristallina, palpitante per il miscelarsi con il corrispettivo paesaggio dell'anima della poetessa.[4]
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