Frase idiomatica

Oggi Frase idiomatica è un argomento che continua a suscitare interesse e dibattito nella società. Dalle sue origini ad oggi, Frase idiomatica ha occupato un posto di rilievo nella storia, influenzando diversi aspetti della cultura, della politica, della tecnologia e della vita quotidiana. Nel corso degli anni è diventato argomento di studio e di riflessione per accademici, ricercatori e professionisti di varie discipline. In questo articolo esploreremo diversi aspetti legati a Frase idiomatica, dal suo impatto sulla società alle sue possibili implicazioni per il futuro.

Una frase idiomatica (detta anche idioma, idiomatismo o, meno tecnicamente, modo di dire)[1][2] è una locuzione di significato peculiare proprio di una specifica lingua. La sua traduzione letterale in altre lingue può non avere senso logico e, per essere compresa, richiede una traduzione logicamente estesa. In altre parole, è una frase che non può trarre il suo significato dalla combinazione lessicale delle parti del discorso, bensì dall'interpretazione che i parlanti sono abituati a trarne.

Le frasi idiomatiche condividono con le polirematiche la caratteristica di rappresentare una singola unità di significato attraverso due o più parole.[3]

Secondo il professore britannico John Saeed, gli idiomi sono un gruppo di parole che, collocate insieme, si sono fissate a lungo termine in un'espressione fossilizzata[4] dal carattere metaforico e figurato, dunque non letterale.

Gli idiomi sono molto usati nella parlata colloquiale e, nel caso in cui un discente impara una lingua straniera (L2), permettono di sviluppare la fluenza in quella L2 siccome sono unità lessicali che si ripescano direttamente dal lessico mentale e si usano direttamente per esprimere un concetto, alla pari dei verbi frasali.

Esempi in italiano

Lo stesso argomento in dettaglio: Glossario delle frasi fatte.
  • Abbassare la cresta, il cui senso è non essere arrogante;
  • Cadere dalle nuvole, il cui senso è scoprire con incredulità qualcosa che era chiaro per tutti;
  • Chiudere un occhio, il cui senso è sorvolare;
  • Mandare a quel paese, il cui senso è allontanare bruscamente;
  • Prendere un granchio, il cui senso è commettere un errore[5];
  • Essere alla buccia, il cui senso è essere al limite.
  • Fare il coreano, il cui senso è comportarsi con accidia.[6]

La traduzione degli idiomatismi

In genere gli idiomatismi sono assai difficili da tradurre in altre lingue e la traduzione logica richiede l'uso di lunghe perifrasi. Ciò perché queste espressioni sono spesso associate a figure retoriche e perché, per lo più, contraddicono il principio di composizionalità postulato da Frege e che la semantica attribuisce alle lingue. Secondo il principio di composizionalità, il significato di una frase è il risultato di una composizione dei significati delle singole parole che la compongono messi insieme.

Un esempio di traduzione logica applicata a un idiomatismo può essere:

  • Piove a catinelle (con senso logico: piove molto forte).

Psicolinguistica degli idiomi

Lo stesso argomento in dettaglio: Psicolinguistica e Neurolinguistica.

Secondo la psicolinguistica, i parlanti nativi aggiungono gli idiomi nel loro dizionario mentale (o "lessico mentale"). Il significato degli idiomi è arbitrario e, nel momento in cui vengono ascoltati nell'input di un interlocutore o letti in un testo, vengono richiamati dalla memoria per intero, senza che vengano processati componente per componente. Questa teoria viene detta "Teoria non-composizionale dell'elaborazione degli idiomi" (Non-compositional Theory of Idiom Processing) e i relativi modelli vengono detti "Direct Look-Up Models" (Glucksberg, 1993) o "Non-compositional Models". Alcuni di questi modelli sono:[9]

  • la Idiom List Hypothesis (Bobrow e Bell, 1973)
  • la Lexical Representation Hypothesis (Swinney e Cutler, 1979)
  • il Direct Access Model (Gibbs, 1980, 1985, 1993, 2002).

Secondo il primo modello, nel lessico mentale esiste una sezione speciale riservata agli idiomi, mentre nel secondo modello non esiste tale sezione, per cui gli idiomi sono assimilati come una sorta di parola lunga (una singola unità lessicale lunga) all'interno del comune lessico mentale. Secondo il terzo modello, siccome non serve svolgere un'analisi letterale (parola per parola e verbatim) degli idiomi, il significato figurato viene richiamato alla mente direttamente.[9]

Tuttavia, questa teoria sugli idiomi non tiene conto del fatto che gli idiomi sono marginalmente modificabili, per cui non sono monolitici. Per esempio, l'idioma inglese "Kick that habit" (abbandonare quell'abitudine) può essere modificato e enfatizzato con un aggettivo, "Kick that filthy habit". Inoltre, le singole parti di un idioma preservano ancora un significato, se si vede all'uso della deissi (e.g., "I told him to kick that habit and he eventually kicked it") (Gibbs e Nayak, 1989; Glucksberg, 2001; Nunberg, Sag e Wasow, 1994; Pulman, 1993).[9] Per cui, una serie di ricerche e osservazioni ha portato alla nascita dei modelli composizionali (Compositional Models), per cui una parte del significato è letterale e composizionale e una parte è figurata e non composizionale in quanto sono espressioni automatizzate (Cacciari, 1993; Cacciari e Glucksberg, 1991; Cacciari e Tabossi, 1988, 1993; Gibbs, 1993; Gibbs e Nayak, 1989; Gibbs, Nayak, Bolton e Keppel, 1989; Nunberg, 1979; Wasow, Sag e Nunberg, 1983). Per esempio, l'idioma in inglese e italiano "giocare col fuoco" indica qualcosa di pericoloso in modo automatizzato, ma la pericolosità è collegata anche al significato diretto/letterale siccome il fuoco può ustionare. Dunque, gli idiomi non sono interamente delle metafore morte e espressioni congelate.[9] I maggiori modelli composizionali sono:[9]

  • l'Idiom Decomposition Model (Gibbs e Nayak, 1989; Gibbs, Nayak e Cuting, 1989)
  • il Configuration Model (Cacciari e Tabossi, 1988; Cacciari e Glucksberg, 1991; Vespignani, Canal, Molinaro, Fonda e Cacciari, 2010)
  • il Phrase-Induced Polysemy Model (Glucksberg, 1993, 2001)
  • l'Hybrid Model (Caillies e Butcher, 2007; Cutting e Bock, 1997; Sprenger, Levelt e Kempen, 2006)
  • Constraint-Based Model (Libben e Titone, 2008; Titone e Connine, 1999).

Alcuni idiomi sono pesantemente figurati, mentre alcuni hanno un significato letterale plausibile (e.g., "go banana" per dire "impazzire" è interamente figurato, ma "turn a blind eye" per dire "chiudere un occhio/fare finta di non vedere" è più plausibile). Inoltre, alcuni idiomi sono prevedibili (e.g., "turn a blind..." > eye), mentre altri lo sono di meno e hanno bisogno dunque dell'intera formulazione/contesto per essere capiti (e.g., "passed the..." > bucket); la prevedibilità è un elemento cardine nel Configuration Model. Infine, alcuni idiomi sono usati spesso e dunque sono molto familiari, per cui il loro significato figurato è più saliente/prominente, mentre altri sono più rari, per cui il loro significato letterale è più saliente/prominente. Il significato più saliente/prominente è quello che viene richiamato per primo e in modo diretto dal lessico mentale, in base all'ipotesi della salienza graduata (Graded Salience Hypothesis, GSH) (Giora, 1997, 1999, 2002, 2003).[9] La scomposizione semantica (o "analizzabilità semantica") di un idioma è il grado in cui il significato di un idioma contribuisce all'interpretazione figurativa complessiva (Nunberg, 1979; Gibbs e Nayak, 1989; Gibbs et al., 1989). Alcuni idiomi sono scomponibili (e.g., "spill the beans", cioè "vuotare il sacco"), mentre altri non lo sono (e.g., "kick the bucket", cioè "tirare le cuoia"). La scomponibilità non è la trasparenza di un idioma, per cui un idioma è più o meno comprensibile o opaco in base al suo significato letterale; tuttavia, gli idiomi più trasparenti generalmente sono anche quelli più scomponibili (Tabossi, Fanari e Wolf, 2008).[9]

L'acquisizione degli idiomi in L2 è collegata anche all'inventario concettuale e lessicale in L1 dei discenti (Arabski, 2001; Dagut, 1977; Ellis e Beaton, 1995; Graham e Belnap, 1986; Ijaz, 1986; Kellerman, 1983; Laufer, 1991, 1997; Meara, 1980, 1993; Meara e Ingle, 1986; Nation, 1993, 2001; Singleton, 1987, 1999; Singleton e Little, 1991; Sonaiya, 1991). Infatti, i discenti che apprendono o acquisiscono una L2 fanno perno sulle proprie conoscenze pregresse in L1, incluso il bagaglio di metafore (Lado, 1957; Odlin, 1989).[9] Su questo presupposto, è costruito il Competition Model di MacWhinney (1992, 1997, 2002, 2005, 2008), che intende lo sviluppo lessicale di L2 come parassitico rispetto a L1 in quanto attinge da essa; a sua volta, da questa visione, nasce l'ipotesi parassitica dello sviluppo del vocabolario (Parasitic Hypothesis) di Hall (2002): il lessico di una L2 appreso o acquisito è dunque un lessico parassitico siccome fa perno sui concetti della L1 e solo in un secondo momento viene ristrutturato gradualmente, per cui fa perno su nuovi concetti appartenenti a L2; l'associazione dunque non è più parassitica e interlinguistica (Jiang, 2000; Kecskes, 2000, 2001, 2003).[9] L'ipotesi parassitica dello sviluppo del vocabolario è collegata ai modelli di memoria bilingue gerarchici (Hierarchical Bilingual Memory Models), in cui l'elaborazione mentale (processing) del lessico di L2 si appoggia alla traduzione in L1 e dunque su una connessione con i concetti/elementi di L1 nel lessico mentale, per cui solo in un secondo momento (quando la competenza linguistica è più avanzata) si appoggia a connessioni concettuali tra elementi di L2 (Kroll e Stewart, 1994; Heredia e Cieślicka, 2014). Uno studio di Matlock e Heredia (2002) ha confermato questa ipotesi.[9]

Se un discente non ha già in mente un concetto su cui fare perno per capire un idioma in L2, il processo parassitico non può avvenire siccome manca il concetto su cui fare perno in L1. Pertanto, il discente si limita a intuire che la frase ha un significato idiomatico e a provare a intuire il suo significato figurato a partire da quello letterale e/o dal contesto complessivo della frase, anche commettendo errori. Per esempio, un discente polacco che ha incontrato l'idioma "chew the fat" ("parlare del più e del meno") pensava che volesse significare "essere a dieta" (per cui la chetogenesi consuma le proprie riserve adipose).[9] Probabilmente, durante l'inferenza/deduzione del significato di un idioma opaco, i discenti scelgono l'interpretazione meno pesante, faticosa e energivora dal punto di vista cognitivo, cioè seguono il percorso di minore sforzo cognitivo (Vega Moreno, 2007).[9]

Una L1 può avere idiomi molto simili a quelli di una L2, per cui la sovrapposizione interlinguistica (cross-language overlap) facilita l'elaborazione mentale e comprensione degli idiomi e porta con facilità a un trasferimento positivo di conoscenza da L1 a L2; questi idiomi sono anche semanticamente molto trasparenti e anche quelli ritenuti più facili dai discenti (Yorio, 1989; Deignan, Gabryś, and Solska, 1997). Quando entrano nel vocabolario attivo/produttivo/espressivo, gli idiomi identici o simili tra L1 e L2 sono usati di più rispetto a quelli dissimili (Irujo, 1896a) e dunque con basi culturali compleamente diverse. Tuttavia, quelli simili sono proni a errori durante il loro uso e dunque in fase di produzione di output (Charteris-Black, 2002; Cieślicka, 2006a; Deignan, Gabryś e Solska, 1997; Irujo, 1986a, 1986b; Laufer, 1989, 2000; Laufer e Eliasson, 1993; Liontas, 2002; Yorio, 1989).[9]

Elaborazione degli idiomi

Secondo il Diffusion Model of Second Languages (Liontas, 2002), gli idiomi vengono compresi dai discenti di L2 attraverso un processo articolato in due stadi, cioè lo stadio della predizione e stadio ricostruttivo. Nello stadio della predizione, il discente effettua alcune ipotesi sull'interpretazione figurativa dell'idioma. Le ipotesi dipendono dal grado di trasparenza dell'idioma, dalla distanza semantica dall'idioma corrispondente in L1 e dalla presenza di un contesto che supporta l'interpretazione; senza il contesto, il discente ha solo gli elementi dell'idioma stesso per effettuare ipotesi. I più facili da interpretare sono gli idiomi identici tra L1 e L2 siccome la corrispondenza lessicale è perfetta, al punto tale che non serve fare perno sul contesto e il livello di sforzo cognitivo è basso (e.g., "take the bull by the horns" in italiano e spagnolo è identico, "afferrare il toro per le corna, tomar al toro por los cuernos"). Se gli idiomi sono simili ma non identici in ogni elemento, lo sforzo cognitivo aumenta siccome l'elemento che non corrisponde va interpretato. Se gli idiomi sono completamente diversi, non solo lo sforzo cognitivo è alto, ma è necessario fare perno sul contesto.[9] Nello stadio ricostruttivo, l'interpretazione creata (e dunque l'ipotesi formulata) viene confermata o smentita mentre l'input linguistico a cui è esposto il discente avanza; anche in questo stadio il discente fa perno sul contesto.[9]

Un secondo modello di elaborazione (processing) degli idiomi è il Model of Dual Idiom Representation (Abel, 2003). Il modello parte dalla scomponibilità dell'idioma e ipotizza che gli idiomi non scomponibili sono classificati nel lessico mentale in base a nuove entrate lessicali separate da tutto il resto del lessico (le "idiom entries"), mentre gli idiomi scomponibili non hanno bisogno di entrate separate e nuove siccome sono rappresentabili nella mente come un'unione di entrate lessicali già presenti nel lessico mentale, dette entrate costituenti ("constituent entries"). Dopodiché, più discente viene esposto a un idioma nell'input linguistico, più questo idioma sviluppa un proprio item a sé nel lessico mentale siccome diventa frequente e familiare. Questo fenomeno è difficile che accada siccome i discenti di L2 vengono esposti di meno agli idiomi rispetto ai parlanti nativi.[9]

Un terzo modello è il Literal Salience Model di Cieślicka (2006a), che si basa sul fenomeno dell'analisi letterale dei componenti di un idioma. Secondo questo modello, i costituenti dal significato letterale di un idioma sono più salienti dei costituenti dal significato figurato di un idioma, cosa anche sostenuta da Kecskes (2006). I significati salienti sono anche quelli attivati automaticamente e più forti in base all'ipotesi della salienza graduata. Nel caso degli apprendenti di L2, i significati letterali dei costituenti di un idioma, in quanto tipicamente già noti in un contesto scolastico sono quelli più salienti, per cui si codificano in modo più forte nel lessico mentale; di contro, quelli figurati sono meno salienti.[9]

Secondo Kecskes (2006), la salienza (cioè rilevanza, importanza, capacità di attirare l'attenzione) di un vocabolo o di un intero idioma è una funzione di familiarità e esperienza di un significato. Un esempio di significato non saliente è quello di una metafora appena coniata, dunque di un idioma appena inventato per cui il significato è sconosciuto a un interlocutore. La salienza di un'espressione incrementa man mano che l'interlocutore (incluso un discente di L2) viene esposto più volte all'idioma e dunque al suo significato perché ripetuto più volte in vari contesti e/o perché diventa popolare: avviene dunque uno spostamento (shift) di salienza, per cui il significato figurato viene attivato più rapidamente e in modo più forte del significato figurato. Pertanto, l'incremento di salienza è collegato anche all'incremento della padronanza della lingua (proficiency) del discente.[9] Il Modello Dinamico di Multilinguismo (Dynamic Model of Multilingualism) in psicolinguistica di Herdina e Jessner (2002) è collegato a questo concetto.[9][10] Lo spostamento di salienza completo non avviene con i discenti di L2 se sono esposti alla L2 solo dentro a una classe: il significato letterale dell'idioma è quello che viene attivato più spesso quando il discente di L2 in classe processa l'idioma (Cieślicka, 2006a, 2010; Cieślicka, Heredia e Olivares, 2014; Siyanova-Chanturia, Conklin e Schmitt, 2011). Inoltre, secondo gli esperimenti di eye tracking, il tempo su cui gli occhi dei discenti di L2 si soffermano sugli idiomi è maggiore rispetto a quello dei parlanti nativi, per cui i nativi hanno un tempo di elaborazione minore e un ripescaggio dalla mente come chunk lessicali più rapido: nel lessico mentale dei nativi, infatti, gli idiomi sono più sedimentati. Il tempo su cui gli occhi dei discenti di L2 si soffermano di meno è minore negli idiomi letterali; addirittura, questo tempo era minore rispetto ai parlanti di L1, per cui nel caso dei discenti di L2 gli idiomi letterali sono molto più salienti.[9]

Come estensione dell'ipotesi della salienza graduata (GSH), i due emisferi del cervello processano/elaborano i significati salienti e non salienti in modo diverso: i significati figurati di idiomi familiari sono processati perlopiù nell'emisfero sinistro, in cui si deposita la conoscenza linguistica. Di contro, i significati figurati di idiomi non familiari (e.g., idiomi coniati da poco e/o non ancora popolari) sono elaborati nell'emisfero destro, in cui avvengono processi di reinterpretazione (Giora, Zaidel, Soroker, Batori e Kasher, 2000). Questa ipotesi ha avuto una prima conferma in base all'interpretazione di idiomi da parte di persone con lesioni cerebrali a uno dei due emisferi.[9] Dopodiché, numerosi altri studi di neuropsicologia hanno confermato questa estensione nell'ambito di L1 (Eviatar e Just, 2006; Giora et al., 2000; Laurent, Denhieres, Passerieux, Iakimova e Hardy-Bayle, 2006; Lee e Dapretto, 2006; Mashal, Faust e Hendler, 2005; Mashal, Faust, Hendler e Jung-Beeman, 2008a, 2008b; Rapp, Leube, Erb, Grodd e Kircher, 2004; Stringaris, Medford, Giora, Giampietro, Brammer e David, 2006; Stringaris, Medford, Giampietro, Brammer e David, 2007; Cieślicka and Heredia, 2011).[9]

Note

  1. ^ Altri sinonimi sono: "idiotismo", "espressione idiomatica" e "locuzione idiomatica".
  2. ^ modi di dire, Enciclopedia dell'Italiano, Treccani.
  3. ^ Maurizio Dardano, «Lessico e semantica», in Introduzione all'italiano contemporaneo, cit., p. 293, nota 1.
  4. ^ Saeed, John I., Semantics, 2nd edition, Oxford, Wiley-Blackwell, 2003, p. 60.
  5. ^ Modi di Dire Italiani: i 100 più divertenti e famosi (con significato) FrasiMania.it
  6. ^ Mauro Persichetti, Storia e applicazione delle frasi idiomatiche nella pubblicità (manuale universitario).
  7. ^ Traduzione inglese di Piove a catinelle da Mymemory.translated.net.
  8. ^ Traduzione francese di Piove a catinelle da Mymemory.translated.net.
  9. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v Anna B. Cieślicka, Idiom Acquisition and Processing by Second/Foreign Language Learners, 1ª ed., Cambridge University Press, 26 gennaio 2015, pp. 208–244, DOI:10.1017/cbo9781139342100.012, ISBN 978-1-107-02954-5. URL consultato il 6 aprile 2025.
  10. ^ (EN) Philip Herdina e Ulrike Jessner, A Dynamic Model of Multilingualism: Perspectives of Change in Psycholinguistics, Multilingual Matters, 2002, ISBN 978-1-85359-467-0. URL consultato il 6 aprile 2025.

Bibliografia

Voci correlate

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