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36ª Brigata Garibaldi "Alessandro Bianconcini" | |
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Descrizione generale | |
Attiva | 1944-1945 |
Nazione | Italia |
Tipo | Brigata d'assalto "Garibaldi" |
Ruolo | Guerra di Liberazione dal nazifascismo |
Dimensione | 1600 unità |
Patrono | Alessandro Bianconcini |
Battaglie/guerre | Monte Battaglia Castagno Ca' di Guzzo |
Comandanti | |
Degni di nota | Libero Lossanti (Lorenzini) Luigi Tinti (Bob) Guido Gualandi (il Moro) |
Simboli | |
Bandiera delle Brigate Garibaldi | |
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La 36ª Brigata Garibaldi "Alessandro Bianconcini" fu una brigata partigiana che operò nell'Appennino imolese-faentino. Assunse la denominazione "Bianconcini" nel maggio 1944, mentre il numerale le fu assegnato presumibilmente tra l'agosto e il settembre del 1944.
La Trentaseiesima riuniva i partigiani della IVª Brigata d'assalto Garibaldi e del gruppo che dopo l'8 settembre 1943 aveva fatto capo a Giovanni Nardi (Caio). Sia Caio che il comandante della IVª Brigata Libero Lossanti (Lorenzini) erano stati uccisi insieme a numerosi altri partigiani. I superstiti, con Luigi Tinti (Bob) come comandante e Guido Gualandi (il Moro) come commissario politico, andarono a costituire una delle Brigate più numerose, raggiungendo in breve tempo le 1600 unità.[1]
La Brigata (che dal settembre 1944 fu divisa in quattro battaglioni di quattro compagnie ciascuno con l'obiettivo di scendere verso Bologna, Imola e Faenza e liberarle prima dell'arrivo degli Alleati)[2] oltre ad incursioni nei paesi, sequestri e redistribuzioni dei raccolti tra i contadini,[1] sostenne numerosi scontri con le forze nazifasciste. Tra questi si ricordano in particolare quello di Monte Battaglia, la battaglia del Castagno,[3] quella di Ca' di Malanca e quella di Ca' di Guzzo (28 settembre 1944).[4]