Tertullo (praefectus urbi)

Oggi Tertullo (praefectus urbi) è diventato un argomento di grande interesse e rilevanza in diversi ambiti della società. Il suo impatto e la sua portata sono sempre più evidenti nella nostra vita quotidiana, generando dibattiti, studi e ricerche che cercano di comprenderne ulteriormente l’influenza. Fin dalla sua nascita, Tertullo (praefectus urbi) ha catturato l'attenzione di persone di tutte le età e professioni, diventando un punto chiave di discussione durante le riunioni di famiglia, le conversazioni al caffè e persino negli ambienti accademici. In questo articolo esploreremo alcuni degli aspetti più rilevanti di Tertullo (praefectus urbi) e la sua importanza oggi, nonché le possibili implicazioni che avrà in futuro.

Tertullo (latino: Tertullus; fl. 359-361) è stato un funzionario romano, praefectus urbi tra il 359 e il 361.

Biografia

È possibile che Tertullo fosse il figlio dell'omonimo proconsole d'Africa del 326, e nipote di Attio Insteio Tertullo, praefectus urbi di Roma nel 307-308. Ebbe dei figli, che nel 359 erano ancora ragazzi.

Tertullo fu praefectus urbi di Roma tra il 359 e il 361. Nel 359, una penuria di grano colpì Roma, e la gente assalì ripetutamente e violentemente l'innocente Tertullo, dato che la penuria era dovuta alle condizioni atmosferiche insolitamente negative, che impedivano alle navi di attraccare nel porto di Traiano a Ostia. Tertullo tentò di calmare la plebe offrendole in lacrime i propri figli giovinetti, affinché li uccidessero per placarsi, ottenendo il proprio scopo (e salvando i propri figli). Mentre Tertullo stava sacrificando nel tempio di Castore e Polluce ad Ostia, la bonaccia si placò e le navi poterono entrare in porto col loro carico.[1]

Nel 361 Tertullo era ancora in carica, mentre al Senato fu letta una lettera del cesare Giuliano, auto-proclamatosi imperatore contro il cugino Costanzo II;[2] più tardi, quello stesso anno, Giuliano sostituì Tertullo con Massimo.[3]

Note

  1. ^ Ammiano Marcellino, Storie, XIX.10.1-4.
  2. ^ Ammiano Marcellino, XXI.10.7.
  3. ^ Ammiano Marcellino, XXI.13.25.

Bibliografia

  • «Tertullus 2», PLRE I, pp. 882-3.