Nel mondo di Spread ci sono infiniti aspetti da esplorare, scoprire e analizzare. Dalle sue origini fino alla sua evoluzione odierna, Spread è stato oggetto di interesse per numerosi studiosi, ricercatori e appassionati. Conoscere meglio Spread ci permette di comprendere meglio la sua influenza in vari ambiti della società, nonché il suo impatto sulla vita quotidiana. In questo articolo approfondiremo l'affascinante mondo di Spread, esplorandone le molteplici sfaccettature e approfondendo la sua rilevanza nel contesto attuale.
Lo spread (pronuncia: /sprεd/[1]), termine della lingua inglese traducibile con «differenza»[N 1], «scarto» o «divario», è la differenza[N 1] di rendimento tra due titoli (azioni, obbligazioni, titoli di stato) dello stesso tipo e durata, uno dei quali è considerato un titolo di riferimento[2][3][4]. Nel caso dei titoli di Stato, spesso i titoli di riferimento sono i Bund emessi dalla Germania (Bundesanleihe), considerata la solidità e la forza dell'economia tedesca[5].
Anche definita bid-ask spread, è lo scarto tra il prezzo che il venditore chiede per un titolo (ask) e quello che un compratore è disposto a pagare per quel titolo (bid). Spesso è usato come misura della liquidità del mercato.
Il credit spread denota la differenza tra il tasso di rendimento di un'obbligazione e quello di un altro titolo preso a riferimento;[6] in questo caso, ad esempio, se un BTP con una certa scadenza ha un rendimento del 7% e la corrispettiva Bundesanleihe tedesca con la stessa scadenza ha un rendimento del 3%, allora lo spread sarà di 7 − 3 = 4 punti percentuali ovvero di 400 punti base.[7] È importante notare tuttavia, che la determinazione giornaliera dello spread avviene sulla base delle libere contrattazioni sui mercati dei titoli e quindi, necessariamente, sulle quotazioni del mercato secondario; il rendimento atteso o richiesto (e alla fine offerto) può infatti salire o scendere in funzione del grado di fiducia degli investitori/creditori e a sua volta misurabile attraverso eventuali squilibri tra domanda e offerta di titoli: se l'offerta è superiore alla domanda, il rendimento atteso aumenta per tentare di riequilibrare la domanda e viceversa.
È a questo proposito necessario tenere presente che i rendimenti dei titoli già emessi (quelli trattati sul mercato secondario) hanno un valore predeterminato al momento della emissione del titolo, che può essere pari a quello nominale, se il titolo è stato emesso alla pari, o maggiore (rendimento effettivo all'emissione), se il titolo è stato emesso sotto la parità. Per titoli di questo tipo trattati sui mercati quindi non è possibile modificare il tasso se non variando il valore di trattazione: se il tasso d'interesse nominale non soddisfa gli operatori perché troppo basso, il titolo verrà negoziato a un valore inferiore fino al punto in cui il tasso effettivo (tasso nominale/valore effettivo in percento, tenuto conto della differenza, negativa, fra prezzo pagato e valore nominale correttamente attualizzata) non salirà al livello ritenuto congruo dal mercato.
Come conseguenza, la differenza diventa dunque indirettamente, allo stesso tempo e in maniera del tutto equivalente:
Occorre tuttavia rilevare, che le quotazioni dei titoli di Stato sul mercato secondario, essendo quest'ultimo aperto a tutti gli investitori, compresi i piccoli risparmiatori attraverso i loro intermediari (banche o società finanziarie), sono soggette a una maggior "volatilità" rispetto a quelle del mercato primario, cioè risentono molto di più di questo degli umori del momento, il cosiddetto sentiment, mentre le quotazioni che si raggiungono sul mercato primario (aste dei titoli di nuova emissione) sono assai più ponderate, in quanto gli operatori ammessi alle aste sono un numero assai limitato di grandi investitori che impegnano singolarmente somme molto più elevate, le cui valutazioni hanno carattere di grande professionalità e sono il risultato di informazioni globali che spesso gli investitori che operano sul mercato secondario non hanno o hanno in misura limitata e talvolta anche distorta. Tutto ciò significa che, nel breve periodo, l'influenza delle quotazioni del mercato secondario su quelle dei titoli di identiche caratteristiche offerti sul mercato primario è molto meno forte di quanto si potrebbe pensare.