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Sampledelia | |
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Origini stilistiche | hip hop Musica elettronica Psichedelia montaggio sonoro turntablism dub musica concreta art rock |
Origini culturali | ultimi anni ottanta |
Strumenti tipici | campionatore, montaggio di audio digitale, digital audio workstation |
Popolarità | bassa, rimanendo un genere underground |
La sampledelia o sample-delia è un genere[1] di musica elettronica che si ispira alle modalità di registrazione della psichedelia degli anni sessanta.[2] La sampledelia sfrutta campionamenti alterati attraverso tecniche come il taglio, il loop o il timestretching e che sono stati definiti "disorientanti" e "deformanti la percezione".[2][3] Le tecniche "sampledeliche" vengono applicate prevalentemente in stili di musica elettronica e hip-hop,[4] come il trip hop, la jungle, il post-rock e la plunderphonics.[5]
Esistono diversi antecedenti della sampledelia. Fra questi vi sono le tecniche del turntablism e dello scratch, che videro fra i loro pionieri gli artisti di musica da ballo e dub degli anni sessanta.[4][6] Il critico Simon Reynolds afferma che le prime tecniche di campionamento furono utilizzate da artisti rock come Brian Eno, Kate Bush e Peter Gabriel (questi ultimi due si servivano del costoso CMI Fairlight). Un album che viene considerato una pietra miliare della sampledelia è My Life in the Bush of Ghosts, pubblicato nel 1981 da Eno e David Byrne.[7] Tuttavia, si ritiene che la sampledelia avesse avuto origine con il diffondersi di campionatori relativamente economici come l'E-mu Emulator e l'Ensoniq Mirage, che erano frequentemente adottati dai primi produttori di musica hip hop.[2] Secondo la studiosa Joanna Teresa Demers, i pionieri della techno della seconda metà degli anni ottanta si servivano di campionatori economici per incorporare sample "non referenziali" nella loro musica.[4]
Il campionamento veniva adottato seguendo l'approccio tipico dei DJ hip-hop da artisti come i Mantronix, Eric B. & Rakim e gli Art of Noise. Progetti musicali britannici attivi dal 1987 fra cui i Coldcut, i MARRS e i S'Express fondevano hip hop e house sfruttando montaggi sonori e breakbeat.[2] Album hip hop della fine del decennio come It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back (1988) dei Public Enemy, 3 Feet High and Rising (1989) dei De La Soul e Paul's Boutique (1989) dei Beastie Boys esemplificarono la produzione di musica sampledelica con i loro campionamenti tratti da suoni disparati prima che la promulgazione della legge sul copyright ponesse dei vincoli sull'uso di fonti sonore pre-registrate.[8] Nel 1985 John Oswald coniò il termine "plunderphonics" riferendosi a una tecnica di campionamenti e "pratica autocosciente" che mette in discussione le nozioni di originalità, identità e "morte dell'autore".[5]
Con il diffondersi dei computer durante gli anni novanta, gli artisti iniziarono a costruire sample attraverso lo "spazio virtuale" dei dischi rigidi.[2] I primi artisti che componevano musica costruita su campionamenti presentava citazioni palesi di brani di altri autori e veniva a volte accusata di violazione di copyright. Tuttavia, negli anni novanta, gli artisti iniziarono a distorcere le fonti sonore presenti nella loro musica per evitare ripercussioni legali.[2] Secondo il teorico Kodwo Eshun, le tecniche sampledeliche erano utilizzate da artisti come Tricky, gli Ultramagnetic MCs, RZA dei Wu-Tang Clan e i Gravediggaz.[9] Formazioni degli anni novanta come i Position Normal e i Saint Etienne utilizzarono campionamenti tratti da dimenticate fonti della cultura inglese.[10] Album come Throbbing Pouch (1995) di Wagon Christ ed Endtroducing..... (1996) di DJ Shadow vengono considerati altre importanti pubblicazioni di sampledelia.[11] Gli australiani The Avalanches approfondirono la formula sampledelica di DJ Shadow nel loro album Since I Left You (2000).[12][13]
La sampledelia include un insieme di stili musicali che sfruttano i campionatori per manipolare e riprodurre suoni generalmente tratti da vari contesti familiari o fonti straniere.[4] La sampledelia sfrutta il taglio, il loop, il time-stretching, l'uso di suoni trovati e frequenti alterazioni del timbro di suoni pre-esistenti.[2] Gli artisti spesso uniscono fra loro frammenti musicali di diverse fonti ed epoche, enfatizzando il ritmo, il rumore e la ripetizione rispetto allo sviluppo melodico e armonico convenzionale.[2] I campioni musicali possono essere utilizzati sia per le loro possibilità musicali che per le loro associazioni culturali.[3]
Secondo il critico Simon Reynolds, la musica campionata approfondisce i metodi di registrazione della psichedelia degli anni sessanta, epoca in cui gli artisti abbandonarono le tecniche di registrazione "naturalistiche" a favore di tecniche ed effetti sonori che non potevano essere ottenuti durante i concerti.[2] Reynolds identifica due principali correnti di artisti sampladelici: postmodernisti e modernisti. Se i primi utilizzano i campionamenti al fine di citare direttamente l'opera da cui sono tratti seguendo lo spirito del collage e della pop art (come ad esempio John Oswald), i secondi preferiscono adottare le tecniche di manipolazione e trasformazione sonora proprie della musica concreta (fra questi artisti vi sarebbero, ad esempio, A Guy Called Gerald, Techno Animal e The Young Gods).[2][5] Il teorico Kodwo Eshun asserì che la sampledelia è una sorta di mitologia in cui "i suoni si sono staccati dalle fonti si sono sostituiti al mondo", inducendo un'esperienza di "diffamiliarizzazione sintetica".[3]