Oggi, Parlamento è un argomento di grande rilevanza e interesse per le persone di tutto il mondo. Fin dalla sua nascita, Parlamento ha catturato l'attenzione di esperti e fan, generando un dibattito costante sulla sua importanza e impatto su diversi ambiti della società. In questo articolo esploreremo a fondo gli aspetti più rilevanti di Parlamento, esaminandone la storia, le sue implicazioni attuali e la sua possibile evoluzione in futuro. Attraverso un’analisi approfondita, speriamo di fornire ai nostri lettori una visione più completa di questo fenomeno e aiutarli a comprenderne la vera portata.
Il parlamento (in alcuni Stati chiamato con altri nomi quali dieta, congresso, assemblea nazionale, assemblea federale e altri ancora) è il corpo legislativo o assemblea legislativa dello Stato, ossia un organo complesso, costituito essenzialmente da uno o più organi collegiali di tipo assembleare (camere), la cui funzione precipua, sebbene non unica[N 1], è l'esercizio del potere legislativo ovvero l'emanazione delle leggi secondo i dettami fissati dalla relativa Costituzione, rappresentando dunque l'organo principale di una democrazia rappresentativa.
Parlamento deriva dal sostantivo francese parlement, che indica l'azione di parlare: un parlamento è quindi un luogo dove si promuove, si discute e si dibatte per giungere a decisioni politiche. Il concetto espresso è quello di un'istituzione collegiale intermedia tra il popolo costitutivo di una comunità e coloro che governano la comunità: si tratta, in via generale, di un dato di antropologia culturale che attraversa i secoli, come testimoniano le assemblee, variamente denominate, delle polis greche e il Senato Romano.
La parola parlamento venne impiegata, per la prima volta, nella Chanson de Roland, ma nel senso, comune tra i monarchi dell'epoca, di luogo e occasione di negoziato tra delegazioni straniere[3]. Nel senso moderno, invece, era usato nel 1115, un secolo esatto prima della Magna Carta, da parte dei Cistercensi: essi si erano dotati di una Charta caritatis con la quale conferivano al Parliamentum degli abati la summa potestas del loro ordine[4].
Nel corso del medioevo e dell'età moderna il termine parlamento ha assunto anche altri significati. Così in epoca comunale il parlamento o arengo era l'assemblea che riuniva tutti i cittadini del comune che godevano dei diritti politici[5], ovvero un organo giudicante a composizione assembleare[6]. Secondo Niccolò Machiavelli, far parlamento si diceva a Firenze "ogni volta che la Signoria, o forzata o di sua volontà, con animo che si dovesse mutare lo Stato, chiamava al suono della campana grossa il popolo armato in piazza, e lo faceva d'in su la ringhiera dimandare"[7].
Intorno all'anno 1000 si trovano resoconti di assise in Islanda (l'Alþing),[8] nelle isole Fær Øer (il Løgting) e all'isola di Man (il Tynwald). Si trattava in tutti i casi di assise consultive e non legislative. Nel 1097 a Mazara del Vallo, convocata da Ruggero I il Gran Conte, ebbe luogo la prima assise di un parlamento, inizialmente itinerante[9]. Il Parlamento siciliano, consultivo, era costituito da tre rami o bracci e precisamente dal Feudale, dall'Ecclesiastico e dal Demaniale[N 2]. Ma fu nel 1130 con la convocazione delle Curiae generales da parte di Ruggero II a Palermo, nel Palazzo dei Normanni con la proclamazione del Regno di Sicilia che si può parlare di primo parlamento in senso moderno[11]. E nel 1141 fu convocata l'Assise di Ariano, che diede origine all'opera di reductio in volumine della normativa del Regnum culminata con le assise di Melfi e di Messina convocate da Federico II[12].
Nel 1146 anche la monarchia francese utilizzò il termine parlamentum per una riunione di nobili e prelati preparatoria della Crociata[13]; da lì il termine transitò negli annali del Regno di Gerusalemme e del Regno di Francia[14]. Nel 1188 si convocarono a León las Cortes de León, con i membri della nobiltà, del clero e dei rappresentanti della cittadini e per la prima volta in Europa si riunirono in assemblea i tre poteri[15]: vi furono riconosciuti l’inviolabilità del domicilio e la segretezza della corrispondenza, la necessità per il re di convocare il parlamento per dichiarare la guerra o fare la pace, e furono garantiti altri numerosi diritti individuali e collettivi. Nelle Cortes di Benavente (1202) furono fissati i principi ed i diritti economici del Regno di León e dei suoi abitanti.[16]
Nel 1248 il termine "parlamento" compare[N 3] in Inghilterra per designare un'assemblea formata da due rami, uno ecclesiastico (vescovi e abati con il rango di barone) e uno laico (baroni diretti della Corona)[18]. A tale assemblea nel 1254 venne assicurata una stabile struttura[19], facendovi entrare anche i rappresentanti elettivi delle contee. Nel 1297, infine, con lo Statuto de tallagio non concedendo, si confermò il principio per cui ogni contribuzione poteva essere imposta solo dietro assenso comune degli "arcivescovi, vescovi e altri prelati, conti, sovrani, uomini d'arme, borghesi, e altri uomini liberi del regno nostro", nonché il diritto dell'assemblea elettiva a controllare la validità delle elezioni, sottraendo quindi agli agenti del Re tale privilegio. Come ben si vede, erano già presenti in nuce i moderni principi della sovranità e indipendenza del parlamento.
Istituzioni simili al parlamento inglese ma con denominazioni diverse erano sorte anche in altre monarchie europee[20]: si pensi agli Stati generali in Francia e nei Paesi Bassi, alle Cortes castigliane o alle Corts aragonesi. Anche queste erano articolate in più assemblee (tre o quattro) corrispondenti ai vari ordini in cui era divisa la società. In Francia essi erano nobiltà, clero e terzo stato): quivi, durante l'Ancien Régime, il parlement, sebbene sorto con caratteri non dissimili dal parlamento inglese[N 4], finì per diventare un'istituzione non rappresentativa con funzioni prevalentemente giurisdizionali[N 5].
Dalla tradizione anglosassone medievale è derivata la forma dell'emiciclo come aula parlamentare.
Tale corpo legislativo è presente in tutte le democrazie moderne (democrazie rappresentative), oltre che in certi regimi non democratici; nelle repubbliche presidenziali è tradizionalmente chiamato congresso, sull'esempio statunitense. I membri di un parlamento vengono detti informalmente parlamentari.
Le federazioni hanno un parlamento federale e uno per ciascuno stato federato. Organi analoghi al parlamento sono spesso presenti anche in altri enti territoriali, ma in questo caso si usano di solito denominazioni diverse (frequentemente consiglio). Negli Stati moderni il parlamento rappresenta la componente principale del potere legislativo, che in alcuni ordinamenti coincide con il parlamento dello Stato centrale, mentre in altri comprende anche i parlamenti degli Stati federati o gli analoghi organi delle regioni o degli altri enti territoriali dotati di autonomia legislativa.
L'esistenza del parlamento può essere considerata diretta conseguenza del principio di sovranità popolare. In Italia esso è sancito dall'art. 1, secondo comma, della Costituzione: "La sovranità appartiene al popolo". Il suo ruolo è stato efficacemente descritto da Hegel con l'espressione di: "porticato tra lo Stato e la società civile".
Il parlamento nasce come organo in cui viene espresso il consenso o meno all'attività impositiva del sovrano. È significativo, al riguardo, che nasca proprio in Inghilterra: per il diritto germanico, infatti, è attributo degli uomini liberi l'esenzione da ogni tributo, il quale, quindi, deve essere da costoro - o dai loro rappresentanti - autorizzato. Nel tempo i parlamenti hanno esteso le loro competenze e svolgono oggi funzioni di indirizzo politico, legislative, di coordinamento, di controllo e di garanzia costituzionale.
L'esistenza di un parlamento viene usualmente associata alla democrazia, cioè espressione di rappresentanza, mediante le elezioni politiche, della volontà popolare; in realtà non mancano regimi non democratici che possiedono un organo così denominato, con struttura e funzioni solitamente non dissimili da quelle dei parlamenti democratici. La differenza sostanziale con questi ultimi è che i parlamenti non democratici, anche quando sono elettivi, non sono eletti nell'ambito di una reale competizione tra più partiti: in certi casi un solo partito è autorizzato a presentare le candidature, in altri casi vi sono più partiti ma le condizioni in cui si svolgono le elezioni sono tali da assicurare la vittoria a uno solo. In casi come questi il parlamento non è più il portavoce della volontà popolare ma, semplicemente, il luogo dove vengono ratificate le decisioni prese da chi detiene effettivamente il potere (organi del partito unico, giunta militare ecc.): la sottoposizione di tali decisioni al voto parlamentare ha il solo scopo di ostentare una parvenza di democraticità o un fittizio consenso popolare alle scelte del regime.
Se l'elezione del parlamento avviene nel contesto di una competizione tra partiti, gli eletti apparterranno molto probabilmente a partiti diversi più o meno contrapposti. In questo caso, di regola, emerge un partito o una coalizione di partiti che controlla la maggioranza dei voti: la maggioranza parlamentare; in contrapposizione a essa, i rimanenti partiti costituiscono l'opposizione. Va notato che mentre la maggioranza è caratterizzata da una certa omogeneità e unità di azione tra i partiti che la compongono, lo stesso non è necessariamente vero per l'opposizione, che può essere costituita da partiti in netto contrasto tra loro (si pensi a una maggioranza di centro a fronte della quale l'opposizione è costituita da partiti di destra e sinistra); solo nei sistemi bipartitici o, quantomeno, bipolari l'opposizione presenta un'omogeneità e unità d'azione paragonabile a quella della maggioranza, tanto che in questi sistemi si può configurare il ruolo del leader dell'opposizione.
Nelle forme di governo in cui esiste un rapporto fiduciario tra parlamento e governo, la maggioranza parlamentare coincide tendenzialmente con la maggioranza di governo, ossia con il partito o la coalizione di partiti che sostiene il governo. Ciò non è invece necessariamente vero nelle forme di governo dove detto rapporto fiduciario non esiste: in questo caso è possibile, e fisiologico, che i partiti che costituiscono la maggioranza parlamentare siano diversi da quelli che sostengono il governo.
Se il parlamento è articolato in più camere, è possibile che le maggioranze parlamentari siano diverse. Si tratta di un'evenienza piuttosto rara e, di per sé, fonte di possibili disfunzioni, almeno laddove le camere hanno uguali poteri sovrapposti, ed è questo il caso dell'Italia.
Costituente essenziale del parlamento è un organo collegiale di tipo assembleare detto camera. Si distinguono parlamenti monocamerali, bicamerali e multicamerali secondo che siano costituiti da una, due o più di due camere. I parlamenti multicamerali sono stati molto rari nella storia e attualmente nessuno Stato ha un parlamento di questo tipo[N 6].
Se il parlamento è costituito da due camere, una viene tradizionalmente denominata camera alta, l'altra camera bassa[22]. Nella pratica la denominazione ufficiale attribuita alle camere varia da ordinamento a ordinamento: per la camera bassa (o per l'unica camera dei parlamenti monocamerali) le denominazioni più utilizzate sono camera dei rappresentanti, camera dei deputati, assemblea legislativa, assemblea nazionale, dieta ecc. e rappresentanti o deputati sono per lo più detti i suoi membri; per la camera alta la denominazione di gran lunga più utilizzata è senato, i cui membri sono detti senatori; in certi ordinamenti federali la camera alta è detta consiglio degli Stati e consiglieri i suoi membri.
La camera bassa ha usualmente un centinaio di membri nei paesi con popolazione attorno ai tre milioni di abitanti; raramente ha più di 400-600 membri, anche nei paesi di maggiori dimensioni. In tutti gli ordinamenti, con l'unica eccezione di quello britannico, la camera alta ha un numero minore di membri rispetto alla camera bassa.
Nei parlamenti bicamerali alcune deliberazioni possono essere assunte da un collegio costituito dalle due camere riunite in seduta comune. In particolare, le camere eleggono in seduta comune il presidente della repubblica e le altre cariche dello Stato per le quali è prevista l'elezione parlamentare. In alcuni ordinamenti le camere deliberano in seduta comune sulle questioni per le quali si sono già pronunciate separatamente in modo discordante.
Oltre che con la deliberazione in seduta comune, i contrasti tra le camere possono essere risolti con diverse modalità[23]. In alcuni ordinamenti la questione è deferita a una commissione bicamerale affinché elabori un testo di compromesso, da sottoporre all'approvazione delle due camere; in altri ordinamenti, tra cui quello italiano, la questione è sottoposta reiteratamente al voto delle due camere sinché non si arriva a una deliberazione concorde (cosiddetta navetta parlamentare).
Nei parlamenti democratici almeno una delle camere, precisamente la camera bassa, è rinnovata periodicamente mediante elezione diretta dal popolo: l'evento è detto comunemente elezioni politiche o elezioni generali.
In realtà, negli ordinamenti attuali, con la notevole eccezione della Camera dei lord britannica e di alcuni stati ex domini britannici, come il Canada[N 7], anche la camera alta è ormai elettiva, seppur con modalità differenziate rispetto alla camera bassa, ad esempio prevedendo un'età minima più elevata per votare o essere eletti, un diverso sistema elettorale, diversi collegi elettorali. In alcuni ordinamenti (ad esempio, in Francia) la camera alta è eletta in modo indiretto, dai cosiddetti grandi elettori, a loro volta eletti dal popolo, mentre in certe federazioni i membri della camera alta sono eletti dai parlamenti degli Stati federati.
L'elettorato attivo del parlamento è uno dei principali diritti politici ed è andato con il tempo estendendosi in tutti gli ordinamenti: inizialmente, nel XIX secolo, era limitato ai cittadini che possedevano un certo censo, di solito commisurato all'ammontare dei tributi versati (suffragio censitario), in seguito taluni ordinamenti lo hanno esteso ai cittadini che avevano un certo grado d'istruzione (suffragio capacitario), infine è stato esteso, nel XX secolo, a tutti i cittadini, dapprima di sesso maschile e poi d'ambo i sessi (suffragio universale). Attualmente, è adottato quasi ovunque il suffragio universale: l'elettorato attivo è riconosciuto a tutti i cittadini al disopra di una certa età (la maggiore età o, in qualche ordinamento, un'età leggermente superiore); se tale età è differenziata per le due camere, è maggiore quella prevista per la camera alta.
In genere, l'elettorato passivo viene riconosciuto a coloro cui spetta l'elettorato attivo, prevedendo tuttavia un'età minima superiore.
I membri del parlamento sono eletti per un mandato di tempo limitato, spesso di cinque anni, che prende il nome di legislatura. Lo scioglimento anticipato della camera, intervenuto prima di tale termine, ne determina però la decadenza e l'indizione di nuove elezioni. In alcuni sistemi il potere di sciogliere le camere (o anche una sola di esse) è attribuito al primo ministro; in altri spetta invece al consiglio dei ministri o, più frequentemente, al capo dello Stato, su proposta del primo ministro o di sua iniziativa; vi sono anche ordinamenti nei quali lo scioglimento è deliberato dalla stessa camera (autoscioglimento). In ogni caso, lo scioglimento è un istituto proprio delle forme di governo in cui esiste un rapporto fiduciario tra parlamento e governo: parlamentare e semipresidenziale; non esiste in altre forme di governo e, in particolare, in quella presidenziale.
Lo scioglimento delle camere può avere due diverse finalità: se in parlamento esiste una maggioranza stabile che sostiene il governo (come avviene, tipicamente, nei sistemi bipartitici), può essere deciso per andare alle elezioni in un momento di congiuntura politica favorevole allo stesso governo, che potrebbe non ripetersi alla scadenza naturale del mandato. Invece, se in parlamento non si riesce a formare una maggioranza in grado di sostenere il governo (come può avvenire nei sistemi multipartitici), lo scioglimento è un modo per superare l'impasse venutosi a creare, sottoponendo le forze politiche al giudizio dell'elettorato nell'auspicio che dalle elezioni emerga una maggioranza.
Un caso particolare di scioglimento del parlamento è quello previsto nelle costituzioni che hanno adottato l'elezione popolare diretta del primo ministro, secondo quella variante della forma di governo parlamentare che alcuni autori hanno denominato neoparlamentare. In questo caso il voto di sfiducia del parlamento nei confronti del governo, se determina le dimissioni di quest'ultimo, determina anche l'automatico scioglimento dello stesso parlamento; d'altra parte, l'elezione simultanea del primo ministro e del parlamento dovrebbe assicurare un certo allineamento politico tra i due organi e prevenire crisi di governo.
All'interno di ciascuna camera sono istituiti alcuni organi per il suo funzionamento, in particolare:
Ciascuna camera elegge tra i propri membri il presidente[24]; nei parlamenti dei paesi anglosassoni, in particolar modo nelle camere basse, è di solito denominato speaker (portavoce). Per l'elezione del presidente è usualmente richiesta una maggioranza qualificata, a sottolineare l'imparzialità che connota il suo ruolo. In molti ordinamenti - ma non in quelli anglosassoni - il presidente è affiancato da vicepresidenti ed eventualmente da segretari e, in alcuni ordinamenti, tra cui quello francese e quello italiano, da questori, anch'essi eletti dalla camera tra i propri membri, che assieme al presidente costituiscono un organo collegiale, l'ufficio di presidenza o praesidium.
Nelle camere non elettive il presidente di solito non è eletto dai membri ma nominato dal capo dello Stato. Negli Stati Uniti, così come in altre repubbliche presidenziali, soprattutto latinoamericane, che hanno seguito il modello statunitense, presidente di diritto della camera alta è il vicepresidente della repubblica o, a livello statale, il luogotenente governatore.
Il presidente convoca le sedute della camera e ne dirige lo svolgimento, anche con poteri disciplinari[25] e di polizia, assicurando, in particolare, l'ordinato svolgimento dei dibattiti e delle votazioni, di cui proclama il risultato. Tali funzioni dovrebbero essere svolte in modo imparziale nei confronti di maggioranza e opposizione, a prescindere dalla parte politica nella quale il presidente si riconosce; di fatto, mentre in certi sistemi (ad esempio quello britannico) è richiesta al presidente una rigorosa imparzialità, in altri (come quello statunitense) gli è concesso un ruolo più partigiano.
Dal presidente dipendono gli uffici che supportano il funzionamento della camera, separati dalla pubblica amministrazione e diretti da un alto funzionario che nei paesi anglosassoni è usualmente denominato clerk mentre altrove è per lo più denominato segretario generale.
In vari ordinamenti il presidente, oltre alle funzioni quale organo interno della camera, ne ha altre proprie, ad esempio quella di nominare i titolari di alcuni organi di cui si vuole assicurare l'imparzialità (come le autorità indipendenti). Negli ordinamenti repubblicani i presidenti delle camere hanno funzioni vicarie del presidente della repubblica in mancanza del vicepresidente; in questo caso, se il parlamento è bicamerale, primo in ordine di successione è di solito il presidente della camera alta.
Tra le funzioni attribuite alle Commissioni è solito distinguere:
Le commissioni hanno un'organizzazione interna analoga a quella della camera, con un proprio presidente, eventualmente affiancato da un ufficio di presidenza, e possono essere a loro volta articolate in sottocommissioni.
Ciascuna camera si articola in gruppi secondo l'appartenenza partitica dei suoi membri: normalmente tutti i parlamentari che appartengono a un determinato partito costituiscono un gruppo, sicché questo è la proiezione del partito nel parlamento (il cosiddetto parlamentary party dei sistemi anglosassoni). Può anche accadere che più partiti costituiscono un gruppo unico, di solito nell'ambito di una coalizione o come passo verso la fusione, o che un partito abbia più gruppi, di solito preludio a una scissione.
In molti parlamenti i gruppi hanno una disciplina ufficiale; un'eccezione è rappresentata dai parlamenti anglosassoni, dove i gruppi, pur avendo una rilevanza politica non inferiore a quella di altri parlamenti, non sono ufficialmente previsti dalle norme che disciplinano l'organizzazione e il funzionamento delle camere. Dove i gruppi hanno un ruolo ufficiale è di solito previsto un numero minimo di membri per la loro costituzione; i parlamentari che, per questo motivo, non riescono a costituire un gruppo o che, comunque, non aderiscano ad alcun gruppo, vanno a costituire il gruppo misto.
In certi paesi, tra cui quelli anglosassoni e quelli scandinavi, il ruolo di leader del partito coincide con quello di leader del suo gruppo parlamentare (della camera bassa, se il parlamento è bicamerale), tanto che, spesso, viene eletto da quest'ultimo. Altrove, invece, il gruppo parlamentare elegge un proprio leader (capogruppo o presidente) distinto dal leader del partito.
La funzione legislativa è quella che più tradizionalmente viene associata al parlamento e consiste nella produzione di norme giuridiche generali e astratte, che vanno a costituire l'ordinamento giuridico, attraverso un apposito atto normativo, la legge. Tuttavia in certi casi il parlamento esercita funzioni non normative (ad esempio, amministrative) con atti aventi forma di legge: si è di fronte allora a leggi meramente formali, poiché questi atti della legge hanno la forma (e la forza) ma non il contenuto (esempio tipico di legge meramente formale è, in molti ordinamenti, tra i quali quello italiano, la legge di approvazione del bilancio dello Stato).
In tutti gli ordinamenti le leggi possono essere proposte dai singoli membri della camera o, in qualche caso, da un certo numero di essi. In molti ordinamenti - con la notevole eccezione degli Stati Uniti e di altre repubbliche presidenziali - le leggi possono inoltre essere proposte dal governo (in alcuni ordinamenti, tra cui quello italiano, con l'autorizzazione del capo dello Stato): anzi, laddove la maggioranza parlamentare sostiene il governo, come avviene necessariamente nei sistemi parlamentari, gran parte delle leggi approvate dal parlamento è d'iniziativa governativa[N 8]. Oltre quelli citati possono esserci altri soggetti cui è attribuita l'iniziativa legislativa, secondo scelte alquanto variabili da ordinamento a ordinamento: un certo numero di elettori (iniziativa popolare), gli stati o le regioni oppure un certo numero di essi nei sistemi federali o regionali, organi di rappresentanza delle forze economiche e sociali (quale il CNEL italiano) ecc.
I parlamenti monocamerali non impiegano molto a formulare una legge e approvarla poiché il tutto si svolge all'interno di una sola Camera. Nei parlamenti con il bicameralismo perfetto, invece, la proposta di legge viene sottoposta a modifiche e votazioni in entrambe le Camere, che, se non trovano un accordo, generalmente convocano una Commissione congiunta con membri di entrambe le Camere a discutere sulla legge per trovare un accordo. Il testo della Commissione viene presentato a una delle due Camere per la votazione e l'invio alla seconda Camera.
Per quanto riguarda invece i parlamenti con bicameralismo imperfetto, la situazione varia da ordinamento a ordinamento: in Francia, l'Assemblea Nazionale ha il potere di pronunciarsi definitivamente su un testo di legge, anche senza l'approvazione del Senato. In Germania, invece, il Bundestag ha più o meno le funzioni della Camera dei Comuni britannica. Il Bundestag infatti, ha quasi tutto il potere legislativo, che però, a differenza dell'ordinamento britannico, può essere ostacolato dal Bundesrat. Inoltre, alcuni determinati tipi di legge (amministrazione del territorio, controllo di determinati fiumi ecc.) hanno bisogno dell'approvazione di entrambe le Camere. Le leggi passano dal Presidente che può decidere di inviarle nuovamente al Parlamento per una nuova discussione. Nei sistemi parlamentari, se la legge non è stata modificata, il Presidente è obbligato a firmarla, in quelli presidenziali che seguono il modello americano, il Presidente è obbligato a firmarla solo se a maggioranza dei due terzi a entrambe le Camere.
Negli ordinamenti a costituzione rigida le leggi sono subordinate, nella gerarchia delle fonti del diritto, alla costituzione e alle leggi che la modificano o integrano (leggi costituzionali). Mentre la costituzione è di solito adottata da un organo ad hoc, l'assemblea costituente, le leggi costituzionali sono di solito approvate dal parlamento con una procedura aggravata rispetto a quella prevista per le leggi ordinarie. Negli ordinamenti a costituzione flessibile, invece, la costituzione è posta allo stesso rango delle leggi, sicché può sempre essere modificata o integrata da queste.
In alcuni ordinamenti (ad esempio, in Francia e Spagna) esiste inoltre una fonte di tipo legislativo (legge organica) adottata dal parlamento con procedura aggravata che ha rango gerarchico superiore alla legge ma subordinato alla costituzione e alle leggi costituzionali, alla quale sono riservate determinate materie.
Le leggi costituzionali e organiche sono adottate secondo procedure analoghe a quelle delle leggi ordinarie, salvi gli aggravamenti previsti dalla costituzione che possono consistere, ad esempio, nella necessità di una maggioranza qualificata (come quella dei 2/3 o dei 3/4) per l'approvazione oppure di una doppia approvazione.
Va notato che, anche nei sistemi a bicameralismo imperfetto, alle due camere sono generalmente riconosciuti uguali poteri quando si tratta di approvare leggi costituzionali od organiche.
Ciascuna camera approva il proprio regolamento, un atto normativo con il quale disciplina la propria organizzazione interna e il proprio funzionamento[26]. Tali regolamenti, a differenza degli omonimi atti adottati dal potere esecutivo, non sono, nella maggioranza degli ordinamenti, subordinati alle leggi nella gerarchia delle fonti del diritto ma posti sullo stesso piano: i rapporti tra legge e regolamento parlamentare non sono, quindi, regolati dal principio di gerarchia ma da quello di competenza, nel senso che la legge non può invadere la sfera di competenza specificamente attribuita al regolamento e quest'ultimo non può disciplinare materie che fuoriescano da tale sfera. In alcuni ordinamenti, ad esempio quello francese, i regolamenti parlamentari sono invece subordinati alla legge.
Generalmente le Camere hanno specifiche commissioni incaricate di sottoporre all'assemblea i regolamenti da approvare e le eventuali modifiche agli stessi, nonché della loro interpretazione. Negli ordinamenti anglosassoni, l'elaborazione regolamentare è prevalentemente di tipo consuetudinario[27], secondo precedenti[28] raccolti in codici e compilazioni private, sia pure dotate di grande autorevolezza[N 9].
In tutti i sistemi democratici il parlamento svolge funzioni di indirizzo politico la cui incisività, tuttavia, varia con la forma di governo adottata: i sistemi parlamentari e semi-presidenziali, infatti, sono caratterizzati dal rapporto fiduciario esistente tra governo e parlamento, mentre nella repubblica presidenziale e nella monarchia costituzionale tale rapporto non sussiste. Oltre al rapporto fiduciario con il governo in tutti i sistemi, compresi quelli presidenziali, il parlamento dispone di una serie di strumenti per incidere sull'indirizzo politico: tra questi rientra la stessa funzione legislativa, visto che la legge, nello Stato di diritto, ispirato al principio di legalità, può vincolare l'attività degli altri poteri dello Stato. È però dubbia, e non solo nel sistema parlamentare italiano, l'efficacia di norme di leggi ordinarie che abbiano ad oggetto adempimenti posti in capo al Governo, che verosimilmente è sanzionabile unicamente col voto di sfiducia[N 10], strumento in alcuni casi giudicato vistosamente sproporzionato.[31]
Anche i poteri di controllo sul governo, di cui dispongono tutti i parlamenti democratici, possono essere considerati uno strumento attraverso il quale il parlamento partecipa alla definizione dell'indirizzo politico.
Nei sistemi parlamentari e semipresidenziali il governo deve avere la fiducia del parlamento. In alcuni ordinamenti (tra cui quello italiano) questo comporta che il primo ministro, nominato dal capo dello stato, deve sottoporre il proprio programma di governo al voto di fiducia del parlamento e, nel caso non lo ottenga, si deve dimettere. In molti altri ordinamenti, invece, la fiducia al momento della nomina è presunta, sicché non è necessario un voto di fiducia preliminare; in altri ancora, infine, il voto di fiducia è sostituito da un voto d'investitura del parlamento prima della nomina da parte del capo dello Stato o, addirittura, è prevista l'elezione del primo ministro da parte del parlamento.
In tutti i sistemi parlamentari e semi-presidenziali il venir meno della fiducia del parlamento, che si manifesta nel voto di sfiducia (o, più esattamente, nel voto favorevole su una mozione di sfiducia proposta da membri del parlamento[N 11] o nel voto sfavorevole su una questione di fiducia posta dallo stesso governo) comporta l'obbligo di dimissioni del governo (la cosiddetta crisi di governo). Va aggiunto che di solito il governo si dimette già nel momento in cui, essendo venuto a mancare l'appoggio di uno o più partiti della sua coalizione, ritiene di aver perso la maggioranza in parlamento, evitando così di sottoporsi al voto di sfiducia (si parla, in questo caso, di crisi di governo extraparlamentare).
In alcuni ordinamenti (ad esempio quello tedesco), il rapporto di fiducia intercorre tra primo ministro e parlamento mentre in altri, più numerosi (ad esempio quello italiano), intercorre tra l'intero governo e il parlamento: la prima soluzione, ovviamente, tende ad accentuare la posizione di preminenza del primo ministro, poiché in questo modo i ministri dipendono direttamente solo da lui; la seconda soluzione, invece, accentua la collegialità del governo. Un'altra variabile riguarda quali camere nei parlamenti bicamerali sono coinvolte nel rapporto fiduciario: in alcuni ordinamenti (ad esempio quello britannico) è richiesta la fiducia della sola camera bassa, in altri (ad esempio quello italiano) la fiducia di entrambe le camere.
La necessità che il primo ministro abbia la fiducia del parlamento limita considerevolmente l'effettivo margine di scelta del capo dello Stato al momento della nomina. In particolare, nei sistemi bipartitici o bipolari il capo dello Stato non può far altro che nominare primo ministro il leader del partito o della coalizione che, avendo vinto le elezioni, ha la maggioranza in parlamento. Nei sistemi multipartitici, invece, il capo dello Stato mantiene un più ampio margine di scelta, soprattutto quando non si delinea in parlamento una coalizione di maggioranza in grado di sostenere il governo.
In alcuni sistemi (tipicamente quelli che seguono il cosiddetto sistema Westminster) il primo ministro, come del resto gli altri ministri, deve essere membro del parlamento; in altri (tra i quali quello italiano) può esserlo o meno, ma di fatto normalmente lo è; infine, in alcuni sistemi (tra i quali quello francese e molte altre repubbliche semi-presidenziali) il primo ministro non può essere membro del parlamento e, se lo è, deve dimettersi al momento della nomina.
Lo strumento a disposizione del Parlamento per controllare l'attività di spesa e di entrata del Governo è l'approvazione del bilancio preventivo che il Governo stesso redige (entro il 31 dicembre di ogni anno, secondo l'art. 81 della Costituzione italiana).
Tutte le spese e le entrate debbono essere infatti preventivamente autorizzate dal Parlamento, in base al principio no taxation without representation.
L'autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali compete in buona parte ai Parlamenti, quando non si tratti di accordi stipulati dall'Esecutivo in forma semplificata per la loro rilevanza minore. Storicamente, lo scopo della previsione era evitare che si eludesse il potere legislativo negoziando tra Esecutivi materie rientranti nelle competenze dei rispettivi Legislativi, per poi darvi ingresso nei rispettivi ordinamenti giuridici senza passare per il voto parlamentare.
In molti Parlamenti s'è estesa la previsione dello svolgimento di uno hearing, nelle sedi consultive su atti del governo, originariamente prevista al Senato statunitense per le nomine di componenti dell'Esecutivo e alti funzionari pubblici (ambasciatori, ecc.).
Alle funzioni di controllo o ispettive si riconducono le indagini conoscitive[32].
In alcuni ordinamenti costituzionali è prevista la natura giudicante del Parlamento, che svolge un ruolo (di propulsione dell'accusa o addirittura di decisione finale) in ordine ai processi nei confronti delle altre cariche dello Stato (es. impeachment nei regimi anglosassoni ovvero messa in istato d'accusa del Capo dello Stato in quelli continentali).
Una diversa forma di giurisdizione è quella - riservata alle Camere in alcuni ordinamenti, come quello italiano (art. 66 della locale Costituzione) - di verifica dei poteri, per accertare la legittimità delle proclamazioni operate dagli uffici elettorali: la sua sopravvivenza è oggetto di contestazioni in dottrina, mantenendo in una "zona d'ombra" la tutela giurisdizionale dei ricorrenti che non possono ottenere il mezzo per impugnare la legge in via incidentale alla Corte costituzionale[33].
Al centro della vita istituzionale sia delle monarchie costituzionali che delle repubbliche presidenziali - oltre, ovviamente, alle repubbliche parlamentari - il Parlamento è anche il luogo in cui la conflittualità politica incontra la sua massima visibilità: "nelle società moderne il parlamento è diventato forse il luogo più tipico dell’interazione pubblica"[34].
La violazione della tranquillità decisionale dell'organismo rappresentativo della sovranità popolare costituisce il motivo della disciplina dell'ordine e del silenzio per coloro che sono ammessi nelle tribune aperte al pubblico. Tra le dimostrazioni di tipo simbolico, che nella storia si sono verificate dalle tribune, si annoverano:
Poiché l'accesso all'aula è vietato agli estranei[N 12] all'istituzione parlamentare[N 13], alcuni degli eventi più traumatici per le democrazie sono passati per l'ingresso di armati nell'emiciclo o nelle sue vicinanze. Tra questi episodi si annoverano:
Anche i tumulti in aula e gli scontri non solo verbali[N 14] tra parlamentari fanno spesso parte della storia di un Paese, e senz'altro appartengono alla cronaca eventi come:
«i diritti dei parlamenti procedono addirittura dalle origini della storia monarchica, ossia dalle assemblee franche e successivamente dalla curia regis medievale, e che pertanto non sono delle semplici corti di giustizia, ma un unico corpo depositario delle leggi fondamentali del regno, con potere legislativo; il rifiuto di registrazione una legge equivarrebbe a bocciatura della legge stessa.»
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