Nel prossimo articolo esploreremo l'affascinante mondo di Cultura. Dalle sue origini fino al suo impatto sulla società odierna, Cultura è stato oggetto di studio e interesse in varie discipline. Nel corso della storia, Cultura ha svolto un ruolo cruciale nell’evoluzione dell’umanità, influenzando aspetti diversi come la cultura, l’economia, la politica e la tecnologia. Attraverso un'analisi approfondita, esamineremo le molteplici sfaccettature di Cultura, dai suoi aspetti più fondamentali alle sue implicazioni più contemporanee. Preparati ad immergerti in un viaggio emozionante che ti porterà a comprendere meglio l'importanza e il significato di Cultura nel mondo di oggi.
Il termine cultura deriva dal verbo latino colere, che significa "coltivare"[1]. L'utilizzo di tale termine è stato poi esteso a quei comportamenti che imponevano una "cura verso gli dei", da cui il termine "culto", e a indicare un insieme di conoscenze. Non c'è univocità degli autori sulla definizione generale di cultura anche nella traduzione in altre lingue e a seconda dei periodi storici.
In linea di massima, oggi è intesa come un sistema di saperi, opinioni, credenze, valori, norme, costumi, comportamenti, tecnologie e processi tecnici che caratterizzano un gruppo umano particolare; un'eredità storica che nel suo insieme definisce i rapporti all'interno di quel gruppo sociale e quelli con il mondo esterno.
Il concetto moderno si può intendere come quell'insieme di conoscenze e di pratiche acquisite che vengono trasmesse di generazione in generazione.
Tuttavia, il termine cultura nella lingua italiana denota più significati di diversa interpretazione:
Esistono diversi significati del concetto di cultura:[2]
«La cultura, o civiltà, intesa nel suo senso etnografico più ampio, è quell'insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo in quanto membro della società.»
Negli anni, la definizione antropologica di "cultura" è molto cambiata: secondo l'antropologo Ulf Hannerz, "una cultura è una struttura di significato che viaggia su reti di comunicazione non localizzate in singoli territori".
La definizione dell'UNESCO considera la cultura come "una serie di caratteristiche specifiche di una società o di un gruppo sociale in termini spirituali, materiali, intellettuali o emozionali".[3][4]
L'uso popolare della parola cultura in molte società occidentali può riflettere semplicemente il carattere stratificato di queste società: molti usano questa parola per designare i beni di consumo, e attività come ad esempio la cucina, l'arte o la musica. Altri usano il termine di "cultura alta" per distinguere quest'ultima da una presunta "cultura bassa", intendendo con quest'ultima l'insieme dei beni di consumo che non appartengono all'élite.
La cultura in senso antropologico consiste in:
Le caratteristiche che definiscono la cultura nella concezione descrittiva dell'antropologia sono principalmente tre:
Affinché un'azione o un tratto possano essere definiti "culturali" occorre quindi che siano condivisi da un gruppo. Ciò però non significa che un fenomeno "culturale" debba essere obbligatoriamente condiviso dalla totalità della popolazione: è necessario lasciare spazio alla normale variabilità individuale.
Anche per quanto riguarda le variazioni di comportamento tra individuo e individuo all'interno di una società, però, è possibile individuarne dei limiti circoscritti proprio dalle norme sociali che regolano quel determinato gruppo.
Frequentemente gli individui appartenenti a una determinata cultura non percepiscono la loro condotta regolata da tali norme che impongono quale comportamento sia consentito e quale no.
In antropologia l'insieme di queste norme sociali vengono definite modelli culturali generalmente riconosciute anche come "ideali".
La cultura è:
Secondo l'antropologo statunitense Geertz in tutte le culture esiste un “modello di” (es. pulizia, decoro, leggi), attraverso cui si pensa e rappresenta qualcosa. I modelli di generano “modelli per”, ossia concetti guida per l'agire degli individui che si possono classificare nelle seguenti tipologie:
La cultura presenta al proprio interno dei dislivelli. Gramsci, schematizzando, parlò di cultura egemonica (che ha il potere di definire i suoi confini) e cultura subalterna che, non avendo tale potere, non ha possibilità di definirsi. Ad esempio, la divisione tra Hutu e Tutsi è nata in seguito alla colonizzazione belga. Nella società moderna, pur essendo presenti differenze culturali su base linguistica ed etnica, esse sono tollerate perché viene favorita l'integrazione culturale tramite l'istruzione obbligatoria e le classi sociali non hanno confini rigidi: il sociologo Bauman addirittura parla di «modernità liquida».
Oggi gli antropologi non considerano la cultura il semplice risultato dell'evoluzione biologica, ma suo elemento intrinseco, il meccanismo principale dell'adattamento dell'uomo al mondo esterno.
Secondo queste opinioni, la cultura si presenta come un sistema di simboli con capacità di adattamento, che può cambiare da un posto all'altro, permettendo agli antropologi di studiarne le differenze, che si esprimono in varietà concrete di miti e rituali, in strumenti, in varietà abitative e in principi di organizzazione dei villaggi. In questo modo, gli antropologi evidenziano una differenza tra “cultura materiale” e “cultura simbolica”, non solo perché questi concetti rispecchiano sfere diverse dell'attività umana, ma anche perché comprendono dati base diversi, che in fase di analisi richiedono approcci diversi. Secondo quest'idea di cultura, che prevaleva nell'intervallo tra le due guerre, ogni cultura ha i suoi confini e deve essere considerata come un unico insieme che usa dei punti di vista propri.
Come risultato emerge il concetto di “relativismo culturale”, idea secondo la quale una persona può accettare i costumi altrui, attraverso i concetti dell'altrui cultura e i suoi elementi (usi, ecc.), e la conoscenza dei sistemi dei simboli, di cui sono parte. Di conseguenza, il concetto che la cultura contiene dei codici di simboli e dei mezzi per trasmetterli da una persona all'altra, significa che la cultura, anche se entro certi limiti, cambia costantemente.
Il fatto che la cultura cambi può essere la conseguenza della formazione di nuove cose, così come avviene al momento del contatto con un'altra cultura. Su scala mondiale, il contatto tra le culture porta all'assimilazione (attraverso lo studio) di vari elementi, cioè la compenetrazione delle culture. In condizioni di antitesi o disuguaglianza politica, le persone di una cultura possono certamente cogliere i valori culturali di un'altra collettività o imporre i propri valori (“acculturazione”).
Influenzata dagli studi dell'antropologia culturale, la sociologia si dedica con particolare attenzione allo studio della cultura. Secondo la concezione dell'antropologo inglese Tylor (1871), si definisce cultura quell'insieme di segni, artefatti e modi di vita che gli individui condividono. In senso antropologico, la cultura è tutto ciò che possiede un determinato significato (simboli, linguaggio), e il termine è riferito a un gruppo specifico: la cultura ha quindi dei confini riconoscibili. A partire dagli anni '60/'70 del Novecento, il concetto di cultura ha iniziato ad avere un ruolo centrale e non più marginale. La struttura produttiva e occupazionale (società dei servizi) cambia e si sviluppano i vari settori.
La cultura dunque porta cambiamento, che a sua volta valorizza il marketing, la qualità del prodotto, le strategie economiche: tutti elementi che necessitano la conoscenza. Ogni cultura è relativa alla società o al gruppo a cui appartiene. Essa può essere per esempio la vita familiare, la religione, gli abbigliamenti, le consuetudini ecc, ed è limitata ad un determinato arco di tempo e luogo. Uno dei più grossi errori della storia è stato quello di gerarchizzare la cultura, un vero e proprio atto di etnocentrismo che ha comportato la credenza e il sostenimento di culture “superiori” ad altre, generando il blocco culturale delle nazioni e quindi conflitti internazionali. Oggi invece siamo nel pieno della globalizzazione: si può dunque parlare di una sorta di sincretismo, ossia la fusione/conciliazione di più credenze.
La cultura si può distinguere in base agli aspetti materiali e quelli immateriali:
- Tuttavia esiste una correlazione (o meglio Interdipendenza) tra i due tipi di cultura, ovvero non può esistere la cultura materiale senza quella immateriale: la materiale è portatrice dell'immateriale, ed è responsabile dei cambiamenti e dei modi di vita. Secondo Weber, in Cina erano molto più avanzati dell'Occidente, ma la presenza dell'etica confuciana e il tipo di società bloccavano la rivoluzione capitalista. In occidente, invece, la rivoluzione protestante sbloccò il capitalismo e svegliò il suo sviluppo economico. La cultura immateriale è sempre più lenta: le mentalità rimangono immutate per secoli.
Sono i valori, le norme e i simboli:
Esistono diversi tipi di cultura:
Da chi viene creata una cultura? E a quali scopi? È possibile distinguere diversi livelli di cultura:
Émile Durkheim, ponendosi il problema del perché la società mantenga un livello minimo di coesione, ritiene che ogni società si stabilisca e permanga solo se si costituisce come comunità simbolica. Nel suo studio, e in quello dei suoi allievi, hanno una grande importanza le rappresentazioni collettive, cioè insiemi di norme e credenze condivise da un gruppo sociale, sentite dagli individui come obbligatorie. Esse sono considerate da Durkheim vere e proprie istituzioni sociali che costituiscono il cemento della società, consentendo la comunicazione tra i suoi membri e mutando con il cambiamento sociale.
Gli autori legati alla scuola di Chicago sono interessati alla vita culturale nelle città statunitensi e studiano i nuovi processi di integrazione, di comunicazione e mobilità sociale delle realtà urbane. Il sociologo William Thomas studia gli immigrati nelle società statunitensi e ritiene che le differenze di integrazione siano legate alla cultura e che la cultura abbia un carattere interattivo e processuale.
Dopo anni di scarso interesse da parte dei sociologi, Talcott Parsons riprende il tema della cultura e la considera come uno dei sottosistemi del suo sistema generale dell'azione (lo schema AGIL).
Parsons afferma che la cultura è costituita da sistemi strutturali o ordinati di simboli (che sono gli oggetti dell'orientamento all'azione), da componenti interiorizzate della personalità degli individui e da modelli istituzionalizzati dei sistemi sociali (Sistema sociale, 1951).
Parsons distingue quattro dimensioni idealtipiche principali della cultura:
Oltre a queste dimensioni analitiche, si distinguono quattro componenti della cultura: valori, norme, concetti e simboli.
Con l'avvento della globalizzazione lo studio della cultura si complica e semplifica allo stesso tempo. Se nella modernità i territori erano concepiti come contenitori di culture, nell'epoca contemporanea la cultura viene studiata in una prospettiva relazionale e reticolare. L'antropologo svedese Ulf Hannerz afferma infatti che “in quanto sistemi collettivi di significato le culture appartengono innanzitutto alle relazioni sociali e ai network di queste relazioni. Appartengono ai luoghi solo indirettamente e senza una necessità logica” (da La complessità culturale, 1998).
Il sociologo Pierre Bourdieu ha introdotto nelle analisi sociologiche delle influenze culturali i concetti di habitus che sottintende l'insieme di atteggiamenti e comportamenti acquisiti per lo più inconsci, che influenzano le pratiche e le percezioni dei membri di una classe sociale, ed il concetto di capitale culturale ovvero il capitale di studi, oggetti culturali, modelli di espressione sviluppati nel corso della socializzazione di classe.
Sotto la prospettiva socio-culturale i ricercatori Hazel Markus e Shinobu Kitayama nel 1991 hanno proposto la distinzione tra culture indipendenti che enfatizzano l'autonomia individuale diffuse nei paesi occidentali e culture interdipendenti che enfatizzano le relazioni con le persone e l'armonia sociale.[5]
Anche l'evoluzione della specie incide sull'evoluzione culturale in quanto gli stessi cambiamenti demografici condizionano le culture e viceversa.[6]
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