In questo articolo il tema Colpa (diritto) verrà affrontato da diversi approcci e prospettive. Nel corso della storia, Colpa (diritto) è stato oggetto di studio e analisi da parte di esperti in varie discipline, che ci hanno permesso di comprenderne l'importanza e l'impatto sulla società. Dalle sue origini ad oggi, Colpa (diritto) ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo umano, generando dibattiti, riflessioni e progressi in diversi ambiti della conoscenza. Attraverso questo articolo ci proponiamo di approfondire la rilevanza di Colpa (diritto) nella vita di tutti i giorni, analizzando la sua influenza in diversi ambiti e il suo ruolo nella costruzione delle identità individuali e collettive.
La colpa è il titolo di imputazione in base al quale un fatto è ascritto alla responsabilità di un soggetto giuridico in ragione della negligenza, dell'imprudenza o dell'imperizia del soggetto stesso, o a causa dell'inosservanza di specifiche regole cautelari espressamente codificate.
Il Codice Rocco all'articolo 42 comma secondo recita: "Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge". Successivamente, il secondo capoverso dell'articolo 43 definisce che il reato "è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline." Taluni sostengono che la definizione indicata adesso non coglie totalmente l'essenza della colpa, avendo essa un significato oggettivo (violazione di regole di condotta), ma anche un significato soggettivo (esigibile evitabilità dell'inosservanza delle regole di condotta). Sulla base di quanto indicato fino a questo punto possiamo individuare tre requisiti necessari per la colpa[1]:
Il secondo dei requisiti individuati viene di volta in volta sussunto nell'ambito della cosiddetta colpevolezza colposa ovvero del fatto tipico colposo, da taluni ritenuto strutturalmente diverso rispetto a quello doloso. In tal senso è quindi opportuno distinguere fra attività il cui pericolo è giuridicamente autorizzato (es. attività medico chirurgica) e attività il cui pericolo non è autorizzato. In relazione alle prime può parlarsi di una sussunzione dell'elemento della colpa sotto il fatto oggettivo tipico (ove si ritrovano le regole di condotta), mentre in relazione alle seconde non può che parlarsi di volontà colpevole.[1]
Le cause possono essere di varia natura:
La colpa è una tecnica di imputazione soggettiva del reato: si può considerare quindi, un elemento della colpevolezza. La sua struttura è anzitutto definita in maniera "negativa": l'evento criminoso non deve essere voluto dall'agente, altrimenti si cade nell'ipotesi del dolo. È comunque possibile che l'evento sia preveduto dall'agente, purché alla sua prospettazione non segua la volizione.
Questo caso viene denominato come "colpa cosciente" ed integra altresì l'aggravante preveduta all'art. 61 nº 3) del Codice Penale, vale a dire l'avere agito (allorché si verta in delitti colposi) nonostante la previsione dell'evento.
È discusso se per volizione dell'evento si possa intendere il prospettarsi l'accadimento dello stesso. Si propende però per la soluzione negativa, essendo la prospettazione dell'evento inidonea a integrare il concetto di coscienza e volontà che il dolo sottende.[1]
Perché il reato sia doloso, infatti, è necessaria la integrale coscienza e volontà di tutti gli elementi positivi e negativi del fatto stesso. La convinzione erronea dell'esistenza di una scriminante (elemento negativo del fatto), ad esempio, rende inconcepibile la sussistenza del dolo. La prospettazione dell'evento, senza nemmeno l'accettazione del rischio del verificarsi dello stesso, si configura quindi come colpa cosciente, apparendo legittima la distinzione tra questa e la ordinaria colpa incosciente. Impostato in tal modo il contenuto della colpa, invece, non ha ragion d'essere la distinzione dottrinaria tra colpa propria ed impropria.[1]
Secondariamente la colpa presenta un elemento "positivo": la condotta negligente, imprudente ovvero connotata da imperizia. La diligenza rilevante è costruita per relazione con alcune particolari fonti: da un lato la negligenza in senso stretto, l'imprudenza e l'imperizia, dall'altro l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
La funzione delle regole è quella di risolvere ex ante situazioni di potenziale conflitto di interesse fra beni tutelati. Quanto alle fonti occorre distinguere fra regole non scritte e regole scritte, che danno luogo a diversi tipi di colpa (cosiddetta generica ovvero specifica). Tali regole devono avere un carattere necessariamente obiettivo, e vanno reperite sulla base del rischio dell'evento (sotto il profilo formale del reperimento della regola) e secondo la migliore scienza e esperienza (sotto il profilo della qualità sostanziale espressa dalla regola). Siffatta ultima regola potrebbe apparire prima facie troppo rigida. In realtà il reperimento della regola di condotta non implica anche la coerente condotta doverosa. L'adeguamento soggettivo si otterrà attraverso il criterio della esigibilità di un dato comportamento. Il criterio della miglior scienza ed esperienza è applicabile invece agli operatori in attività sperimentali, per le quali non è dato di reperire la lex artis di riferimento.
La colpa, quale atteggiamento soggettivo, pervade la condotta, che generalmente è involontaria. Nel caso la condotta sia voluta, il problema si sposta sul piano dell'evento contemplato dal fatto tipico. Se è voluto anche l'evento, può parlarsi di dolo, ove non sussista una volontà su elementi negativi della fattispecie[1]:
Nel caso la coscienza dell'intenzionalità della condotta o dell'evento siano viziate da un errore sul fatto, come già detto, non potrà contestarsi il dolo, sibbene la colpa. Recentemente, allo scopo di limitare i casi di responsabilità oggettiva, si è fatto rientrare nella colpa anche la semplice "prevedibilità" dell'evento. All'agente può essere rimproverato il fatto di aver cagionato un evento che, con più attenzione, avrebbe potuto prevedere e poi evitare.
In sintesi la struttura della colpa si compone di:
La colpa si dice propria nella maggior parte dei casi, nei quali è riscontrabile la maggiore caratteristica della colpa in sé, la non volontà dell'evento. Viceversa si dice impropria, quando non è caratterizzata dal predetto elemento, e quindi l'evento appariva voluto dall'agente ma, ciò nonostante, è trattato a titolo di colpa perché non voluto il fatto materiale tipico.[2]
Esemplificazioni sono:
La colpa specifica è quella forma di volontà colpevole che viene posta in essere, quando l'agente pone in essere un reato a causa dell'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.[4]
La distinzione più rilevante che s'è andata affermando nell'ambito del genus della colpa è fra cosciente ed incosciente: la prima ricorre quando l'agente ha previsto l'evento senza però averlo voluto, la seconda senza previsione alcuna. Mentre l'ultima rappresenta il caso più diffuso, la prima è molto più rara ed è stata esaminata dalla dottrina solo in tempi recenti. È molto simile al dolo eventuale, ma si differenzia da quest'ultimo perché manca l'accettazione da parte dell'agente dell'evento possibile, e c'è anzi la convinzione che con la condotta antigiuridica o pericolosa posta in essere non accada nulla. La colpa cosciente costituisce un'aggravante della pena.[5]
In un recente studio sulla colpa penale (Gabriele Civello, "La «colpa eventuale» nella società del rischio. Epistemologia dell'incertezza e «verità soggettiva» della colpa", Torino, 2013) è stata individuata per la prima volta dall'Autore - in chiave critica - una nuova emergente forma di colpa, per l'appunto la "colpa eventuale", in cui l'oggetto del giudizio di prevedibilità ed evitabilità non è più l'evento concreto, bensì il rischio di un evento, che al contempo non può né prevedersi né escludersi da parte del soggetto agente. Un emblematico caso giudiziario, nel quale è emersa la nuova categoria della "colpa eventuale", è costituito dalla sentenza di primo grado sul terremoto dell'Aquila, emessa il 22 ottobre 2012 (recentemente, peraltro, con sentenza depositata il 6 febbraio 2015, la Corte d'Appello dell'Aquila ha ampiamente riformato la sentenza di prime cure, adottando alcune tesi giuridiche prefigurate nella predetta monografia). Come ampiamente dimostrato da Gabriele Civello nel citato studio monografico, la figura concettuale della "colpa eventuale" risulta contraria allo stesso dettato normativo, oltre che ai principi tradizionali in tema di colpa penale, facendo erroneamente slittare il nucleo di tipicità del reato dall'evento (cfr. art. 43 c.p.) al "rischio di evento", nozione estranea al Tatbestand colposo.
In virtù della fonte vantata dalla regola di condotta, distinguiamo: colpa generica la quale si verifica quando l'inosservanza abbia avuto ad oggetto regole di condotta sociali, che cioè trovano la propria fonte nell'esperienza sociale. Negligenza, imprudenza e imperizia danno luogo a tale forma di colpa.[4]
La colpa specifica si ha quando la regola di condotta inosservata sia scritta ovvero presenti una fonte giuridica o d'altra natura. In tale quadro si inserisce la c.d. colpa medica che, recentissimamente, ha visto più volte modificata la disciplina normativa sino ad arrivare alla c.d. Legge Gelli-Bianco; legge, a sua volta, oggetto di interpretazione da parte delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, in data 21 dicembre 2017, che ne hanno definito e circoscritto i confini in maniera quasi "chirurgica".[6]
L'eccesso colposo si verifica quando pur esistendo i requisiti minimi di una causa di giustificazione, l'agente per colpa (ovvero involontariamente) ne travalica i limiti. Ad es: chi aggredito uccide pur essendo sufficiente percuotere per difendersi.
Il reato commesso in situazione di eccesso è punito come colposo se lo stesso fatto sia previsto dalla legge come imputabile a titolo di colpa. Va precisato che l'eccesso può essere determinato sia da un errore sulla rappresentazione della realtà (tizio viene aggredito con un frustino, lo scambia pur un fucile e reagisce con un'arma); che da un errore esecutivo (Tizio non dosando la propria forza uccide pur volendo semplicemente percuotere). L'importante è che la volontà del soggetto sia diretta alla realizzazione del fine ritenuto giustificato. Quando invece i limiti della scriminante sono volontariamente travalicati, si ricadrà nell'ipotesi differente di "eccesso doloso".
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