In questo articolo parleremo di Ciclone tropicale, un argomento che è stato presente nel corso della storia e che continua ad essere rilevante nella società odierna. Ciclone tropicale ha suscitato grande interesse e dibattito, sia nel mondo accademico che nell'opinione pubblica, per il suo impatto su diversi aspetti della vita quotidiana. Nel tempo Ciclone tropicale è stato oggetto di studi, ricerche e riflessioni che hanno contribuito ad ampliare la nostra comprensione di questo argomento. In questo senso affronteremo diverse prospettive e approcci per comprendere meglio l’importanza e il significato di Ciclone tropicale oggi.
In meteorologia un ciclone tropicale o tifone è un sistema tempestoso, o tipo di ciclone, originatosi su acque tropicali o subtropicali del pianeta e caratterizzato da un centro o vortice di bassa pressione a nucleo caldo e da numerosi fronti temporaleschi (linee di groppo), disposti tipicamente a spirale e in rotazione attorno ad un centro ben definito, che producono forti venti e pesanti precipitazioni piovose nelle aree coinvolte dal loro passaggio.[1]
Questi cicloni si producono in conseguenza del calore sensibile liberato dall'oceano alimentandosi poi grazie al calore latente di condensazione liberato nell'aria dal vapore acqueo in condensazione. Sono diversi da altre tempeste o vortici atmosferici (es. cicloni extratropicali) proprio perché hanno un diverso meccanismo di alimentazione dell'energia. I cicloni tropicali, per questo, si formano spesso sull'oceano sopra l'equatore, a circa 15° di latitudine di distanza da esso, spostandosi poi verso alte latitudini del rispettivo emisfero fino a esaurirsi più o meno lentamente trasformandosi in comuni cicloni extratropicali. Tuttavia se le temperature marine lo consentono possono svilupparsi fino a circa 30° di latitudine o addirittura oltre i 35° di latitudine in caso di transizione tropicale, un processo che consenta la trasformazione dinamica e termodinamica di un ciclone extratropicale in un ciclone tropicale.[2][3][4][5][6][7]
In relazione all'entità e alla zona geografica di formazione di un ciclone tropicale, esso è chiamato in modo diverso: uragano, tifone, tempesta tropicale, tempesta ciclonica, depressione tropicale o semplicemente ciclone.[8]
I cicloni tropicali sono classificati dentro tre grandi categorie basate sulla intensità della fenomenologia: depressioni tropicali, tempeste tropicali, e un terzo gruppo di tempeste più intense, di cui il nome dipende in base alla regione. Per esempio, se una tempesta tropicale ha luogo nel Pacifico nord-occidentale e raggiunge venti dell'entità di un uragano sulla scala di Beaufort, prende il nome di "tifone"; se una tempesta tropicale della stessa entità si verifica invece nel Bacino del Pacifico nord-orientale viene chiamato "uragano". I termini "uragano" e "tifone" non sono usati nell'emisfero meridionale o nell'Oceano Indiano. In questi bacini prendono il nome di cicloni.
Quindi a seconda della regione vengono usati termini diversi per descrivere i cicloni tropicali con venti massimi sostenuti che superano i 33 m/s (63 nodi o 117 km/h):
Localmente, sono stati usati i termini Bagyo nelle Filippine, Taino a Haiti e Willy-willies in Australia, reppu in Giappone, asina-t nel Golfo Persico.[10]
La depressione tropicale è un sistema di nubi e temporali dove i venti raggiungono la velocità massima di 63 km/h. Non c'è un "occhio" e non sono organizzati a spirale, come di solito avviene nei cicloni. Vi è comunque un'area di bassa pressione da cui prende il nome "depressione". Si tratta dello stadio iniziale che può evolvere in vero e proprio ciclone/uragano/tifone se si presentano le condizioni fisiche opportune di sviluppo.
I tifoni (uragani o cicloni) sono depressioni, cioè aree con una pressione atmosferica molto bassa, con estensione di qualche centinaio di chilometri, organizzati a spirale ovvero veri e propri vortici atmosferici violente che provocano cioè forti venti, abbondanti precipitazioni e pesanti inondazioni lungo le coste. Si formano unicamente sul mare penetrando marginalmente all'interno dei continenti, dove rapidamente si attenuano, e sono tipici dei mari tropicali. La loro formazione avviene alla fine dell'estate e in autunno quando sui mari staziona aria calda e umida per via delle più alte temperature raggiunte dall'acqua superficiale.
La parola tifone ha due possibili origini:
La parola "uragano" deriva dal nome di un dio della tempesta degli Amerindi dei Caraibi, Huracan, da cui proviene lo spagnolo huracán.
Infine, la parola ciclone viene dal greco "κύκλος", che significa "cerchio".
Un forte ciclone tropicale è composto dai seguenti componenti:
I cicloni tropicali sono classificati in tre gruppi principali in base alla loro crescente intensità: depressioni tropicali, tempeste tropicali e un terzo gruppo il cui nome dipende dall'area geografica in cui si verificano (uragani, tifoni o cicloni).
Una depressione tropicale è un sistema organizzato di nuvole e temporali con una ben definita circolazione superficiale e venti sostenuti con velocità massima di 17 m/s (pari a 33 nodi o 62 km/h). Non ha un vero occhio e non ha la forma spiraliforme tipica delle tempeste più violente. È però già un sistema di bassa pressione, da cui il nome.
All'intensità di uragano o tifone, un ciclone tropicale tende a sviluppare un "occhio", un'area di relativa calma (e minor pressione atmosferica) al centro. L'occhio è spesso visibile nelle immagini di satellite come un piccolo punto circolare libero dalle nuvole, a testimonianza di moti d'aria discendenti (subsidenza). Negli Stati Uniti è in voga la Scala Saffir-Simpson che classifica l'intensità di un uragano su una scala da 1 a 5 a seconda della velocità dei venti.
Strutturalmente, un ciclone tropicale è un grande sistema di nuvole, vento e attività temporalesca in rotazione su sé stesso.
La sua fonte primaria di energia è il calore sensibile o diretto proveniente dalla superficie marina e la liberazione del calore latente da parte del vapore acqueo che si condensa a quote elevate nelle imponenti nubi temporalesche. In ultima analisi, quest'energia deriva direttamente dal Sole, che produce l'evaporazione dell'acqua marina; l'energia solare viene immagazzinata durante la fase di evaporazione e liberata durante la successiva fase di condensazione.
Perciò, un ciclone tropicale può essere visto come un gigantesco motore termico verticale, mosso da forze fisiche come la gravità e la rotazione della Terra. La condensazione aumenta l'instabilità atmosferica verticale, determinando il calo di pressione e facendo aumentare l'intensità dei venti che a loro volta favoriscono l'ulteriore evaporazione e la condensazione stessa, con un meccanismo che si autoamplifica finché esiste la fonte di energia che lo alimenta: l'acqua calda.
Fattori come il continuo squilibrio nella distribuzione delle masse d'aria contribuiscono al bilancio energetico del ciclone. La rotazione intorno al proprio asse (Rotazione terrestre) della Terra pone il sistema in rotazione secondo il principio del Coriolis (Forza di Coriolis) e ne influenza inoltre la traiettoria.
Per la formazione di un ciclone tropicale occorrono anche una perturbazione meteorologica preesistente capace di favorire la divergenza d'aria in quota e la convergenza al suolo, un oceano tropicale caldo (temperatura superiore ai 26-27 °C) e venti relativamente leggeri in alta quota.
La condensazione come forza motrice è il tratto distintivo dei cicloni tropicali rispetto ad altri fenomeni meteorologici e il fatto che essa sia più forte nei climi tropicali costituisce la ragione per cui queste strutture si originano proprio ai tropici.
Per contro, i cicloni delle medie latitudini traggono la loro energia principalmente dai gradienti termici orizzontali preesistenti nell'atmosfera terrestre.
Per alimentare il suo meccanismo termico un ciclone tropicale deve rimanere al di sopra di acque calde, che forniscono l'umidità atmosferica necessaria. Quando un ciclone tropicale passa sopra la terraferma la sua intensità diminuisce rapidamente declassandosi a semplice depressione; salendo di latitudine e trovando acque più fredde si trasforma in un comune ciclone extratropicale.
Alcuni scienziati hanno stimato che la potenza termica rilasciata da un uragano sia compresa tra 50 e 200 trilioni di watt (50-200.000 GW), circa l'energia generata dall'esplosione di una bomba atomica da 10 megatoni ogni 20 minuti.[11]
Il movimento più importante delle nubi è verso il centro con un movimento tipico a spirale creando imponenti barriere di nubi che si innalzano fino alla tropopausa; i cicloni tropicali sviluppano anche un movimento in senso opposto ad alta quota, costituito dalle nuvole (cirri) formate con il vapore condensato che viene espulso in alto dal "camino" del ciclone. La presenza di questi cirri ad alta quota può essere il primo segno dell'arrivo imminente di un uragano.
Le cause e la formazione dei cicloni tropicali sono oggetto tuttora di ricerche scientifiche e non sono ancora perfettamente chiare. Comunque si è compreso che sono necessari almeno cinque fattori concomitanti:
Tuttavia, esistono casi di cicloni tropicali che si sono formati senza rispettare tutte le condizioni suddette. In particolare la formazione di numerosi cicloni tropicali su acque molto inferiori ai 26 °C (19-24 °C) mette in serio dubbio la robustezza del primo fattore descritto, quello di una costante temperatura marina di almeno 26 °C.[3][4][5][6][7]
Soltanto alterazioni ben specifiche della condizione meteorologica possono portare alla formazione di cicloni tropicali, tra queste:
Mese | Totale | Media |
---|---|---|
gennaio–aprile | 4 | 0.1 |
maggio | 8 | 0.1 |
giugno | 35 | 0.6 |
luglio | 58 | 0.9 |
agosto | 173 | 2.8 |
settembre | 224 | 3.6 |
ottobre | 114 | 1.8 |
novembre | 33 | 0.5 |
dicembre | 7 | 0.1 |
Fonte: NOAA + aggiunte per 2001-05 |
A livello mondiale, l'attività dei cicloni tropicali ha un picco a fine estate quando le temperature dell'acqua sono più alte. Peraltro, ogni bacino ha il suo specifico andamento stagionale.
Nell'Atlantico Settentrionale, gli uragani si concentrano nel periodo giugno-novembre, con un picco tra la fine di agosto e tutto settembre (il picco statistico medio cade il 10 settembre). Il Pacifico nordorientale ha un periodo di attività più ampio, ma simile all'Atlantico. Il Pacifico nordoccidentale vede cicloni tropicali tutto l'anno, con un minimo a febbraio e un picco all'inizio di settembre. Nell'Oceano Indiano settentrionale, i cicloni tropicali sono più frequenti da aprile a dicembre, con picchi a maggio e novembre.
Nell'emisfero australe, l'attività dei cicloni tropicali comincia alla fine di ottobre e finisce a maggio, con un picco tra la metà di febbraio e i primi giorni di marzo.
A livello mondiale, si formano in media 80 cicloni tropicali all'anno.
La maggior parte dei cicloni tropicali si generano nella fascia di latitudini di intensa attività temporalesca
chiamata zona di convergenza intertropicale (ITCZ - dall'inglese Intertropical Convergence Zone). Si può affermare che la quasi totalità dei cicloni ha origine tra i 10 e i 30 gradi di latitudine, l'87% di essi addirittura a meno di 20 gradi. Poiché è l'effetto o la forza di Coriolis a dare inizio e a mantenere la rotazione
dei venti all'interno del ciclone, questo ne impedisce la formazione a latitudini inferiori ai 10 gradi, dove tale forza è debole Archiviato il 19 ottobre 2006 in Internet Archive.. È possibile la formazione in questa zona, qualora vi sia un'altra sorgente di rotazione iniziale. Questa condizione, alquanto rara, fa sì che tali cicloni abbiano una frequenza secolare al massimo. L'uragano Ivan del 2004 è una di queste rarità.
Una combinazione di preesistente instabilità atmosferica, divergenza ai livelli alti della troposfera e intrusioni di aria fredda di origine monsonica hanno portato all'origine nel 2001 al Tifone Vamei a solo 1,5 gradi di latitudine. È stimato che questa occasionalità si possa verificare una volta ogni 400 anni.
Sono sette i bacini principali che generano cicloni tropicali:
Nelle seguenti aree geografiche i cicloni tropicali sono molto rari:
Bacino | Inizio | Fine | Tempeste Tropicali (34-63 nodi) |
Cicloni Tropicali (>63 nodi) |
Cicloni Tropicali di Categoria 3 o più (>95 nodi) |
---|---|---|---|---|---|
Pacifico Nord-Occidentale | Intero Anno | Intero Anno | 26.7 | 16.9 | 8.5 |
Pacifico Nord-Orientale | maggio | novembre | 16.3 | 9.0 | 4.1 |
Pacifico Sud-Occidentale | ottobre | maggio | 10.6 | 4.8 | 1.9 |
Atlantico Settentrionale | giugno | novembre | 10.6 | 5.9 | 2.0 |
Indiano Sud-Occidentale | ottobre | maggio | 13.3 | 6.7 | 2.7 |
Indiano Sud-Orientale | ottobre | maggio | 7.3 | 3.6 | 1.6 |
Indiano Settentrionale | aprile | dicembre | 5.4 | 2.2 | 0.4 |
Sebbene i cicloni tropicali siano dei grandi sistemi che generano un'enorme quantità di energia, i loro movimenti sulla superficie terrestre sono spesso rapportati ai livelli che trasportano un flusso. Cioè, in genere i venti - il flusso sull'atmosfera terrestre - sono responsabili dello spostamento e della direzione dei cicloni tropicali. Il movimento si riferisce al percorso del ciclone tropicale .
Infine, quando un ciclone tropicale si sposta a latitudini più alte, il suo percorso può essere deviato significativamente da venti che si muovono verso un'area di bassa pressione. Molti cicloni tropicali lungo la costa orientale degli Stati Uniti o il Golfo del Messico, per esempio, sono deviati verso nord-est da aree di bassa pressione che si spostano da ovest verso est sopra il Nordamerica.
Per molte centinaia di anni dopo che gli Europei raggiunsero le Indie Occidentali, gli uragani presero il nome dal santo del giorno in cui la tempesta appariva.
La pratica di dare alle tempeste nomi propri fu introdotta da Clement Lindley Wragge, un meteorologo anglo-australiano, alla fine del XIX secolo. Usò nomi femminili, i nomi dei politici che l'avevano offeso, e nomi della storia e della mitologia.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, ai cicloni tropicali vennero dati nomi femminili, principalmente per la comodità dei meteorologi, ed in una certa maniera ad hoc. Negli anni seguenti furono usati nomi dal Joint Army/Navy Phonetic Alphabet (alfabeto fonetico unitario Esercito/Marina).
La convenzione moderna venne introdotta per evitare ambiguità nelle comunicazioni con navi ed aerei. Dato l'aumento dei trasporti ed il miglioramento in numero e qualità delle osservazioni meteorologiche, molti tifoni, uragani e cicloni erano osservati in contemporanea. Per non confonderli tra di loro, negli Stati Uniti dal 1953 la National Hurricane Center iniziò a dare sistematicamente un nome alle tempeste tropicali e agli uragani, pratica successivamente proseguita dalla Organizzazione Meteorologica Mondiale.
In accordo con l'uso, nella lingua inglese, di riferirsi alle cose inanimate come barche, treni, ecc., usando il pronome femminile "lei", i nomi utilizzati furono esclusivamente femminili. Alla prima tempesta dell'anno veniva dato un nome che iniziava per A, alla seconda per B, ecc. Comunque, dato che tempeste tropicali ed uragani erano fortemente distruttivi, si considerò questa pratica sessista. Il National Weather Service rispose a queste preoccupazioni nel 1979, con l'introduzione nella nomenclatura di nomi maschili, che da allora si alternano a quelli femminili. Sempre nel 1979 si cominciò a preparare una lista di nomi prima che iniziasse la stagione, utilizzando nomi di origine inglese, francese o spagnola, essendo queste le lingue predominanti nella regione dove le tempeste si formano.
In meteorologia, il ciclone tropicale mediterraneo (detto all'inglese anche medicane, dalla fusione dei termini inglesi MEDIterranean hurriCANE "uragano mediterraneo", in italiano traducibile come medigano o uraganeo[12][13]) è un sistema di bassa pressione caratterizzato da un nucleo caldo, convezione temporalesca attorno ad un centro di venti ben definito, piogge torrenziali, forti venti,[14][1] che tipicamente compare nell'area del bacino del Mediterraneo. I cicloni tropicali sul Mediterraneo, per quanto anomali, si sviluppano per transizione tropicale, un processo caratterizzato dalla trasformazione dinamica e termodinamica di un ciclone extratropicale in un ciclone tropicale.[2][15][16][17] Questo processo permette la formazione di cicloni tropicali anche oltre i 30° di latitudine e su superfici marine inferiori ai 26 °C, generalmente considerate necessarie per lo sviluppo di questi sistemi.[3][4][5][6][7]
Le superfici della maggior parte degli oceani tropicali hanno subito un riscaldamento di 0,25 - 0,5 gradi Celsius durante gli ultimi decenni.[18] Il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) ritiene probabile che la causa principale dell'aumento globale della temperatura media sulla superficie degli oceani negli ultimi 50 anni è l'aumento nella concentrazione dei gas a effetto serra,[19] con una conseguenza diretta sul numero di cicloni tropicali.[20] La comunità mondiale dei ricercatori di cicloni tropicali ha rilasciato una dichiarazione sul legami tra il cambiamento climatico antropico (umano-indotto) e l'origine dei cicloni tropicali, tra cui uragani e tifoni.[21] Questa dichiarazione è in risposta a una maggiore attenzione sui cicloni tropicali e sulle loro cause, prevedendo un aumento dell'intensità dei cicloni tropicali del 2–11% entro il 2100 ed un aumento del 20% delle precipitazioni ad essi legati.[21]
Di recente si è verificato in tutto il mondo un gran numero di cicloni tropicali a grande impatto ambientale: 10 cicloni tropicali in Giappone nel 2004, cinque cicloni tropicali che interessano le Isole Cook in un periodo di cinque settimane nel 2005, il ciclone Gafilo nel Madagascar nel 2004, il ciclone Larry in Australia nel 2006, il tifone Saomai in Cina nel 2006 e molti altri cicloni tropicali stagionali nella zona atlantica tra il 2004 e il 2005 - tra cui l'uragano Katrina che ha provocato catastrofiche conseguenze socio-economiche. Recenti studi scientifici hanno segnalato un forte aumento negli ultimi decenni nel numero dei cicloni tropicali, nell'energia e nelle velocità dei venti in associazione con la temperatura più calda della superficie del mare esistente in alcune regioni.[20][22]
Conclusioni:
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